Santena, aprile: resistenza e liberazione dall’Austria e dalla Germania. Puntata 264

SANTENA – 25 aprile 2021 – In ricordo dei partigiani santenesi caduti: Giuseppe Musso, Enrico Visconti Venosta e Giovanni Tosco. Onore a tutti quelli che con tempi e modalità differenti fecero parte del movimento di popolo che resistette alla violenza e all’occupazione nazifascista dal 1943 al 1945. Nel Castello, lunedì 26 aprile apre il Museo/Memoriale/Mausoleo di Cavour e dei suoi contemporanei.

Il 160° anniversario dell’Italia unita e della scomparsa di Camillo Cavour è occasione per ricordare la duplice Liberazione della Penisola dall’occupazione straniera. La prima, iniziata il 27 aprile 1859, data d’avvio della II guerra di Indipendenza. La seconda, conclusa il 25 aprile 1945.

A Santena la presenza del principale protagonista del processo culminato con l’unità della Nazione induce alla riflessione nel momento in cui si stanno ridefinendo i rapporti di forza a livello europeo e mondiale tra le vecchie e le emergenti potenze. Fin sul letto di morte l’attenzione di Camillo fu rivolta al contesto internazionale da cui dipendeva il futuro degli Italiani. Nei momenti di lucidità, parlò dei vari temi politici sul tappeto. Del riconoscimento francese del nuovo Stato appena nato. Di Napoli e del Sud Italia. Di quanto accadeva negli Stati Uniti, dove il neo presidente Abramo Lincoln stava facendo i conti con la Guerra di Secessione tra i Sudisti e i Nordisti. Dei Prussiani, che troppo lentamente stavano dando vita allo stato germanico. Una cosa era evidente. L’obiettivo della Liberazione dalla presenza austriaca era a portata di mano. Cavour sapeva che era solo questione di mesi o di pochi anni. Del resto il veto del Regno Unito sull’accesso al mar Adriatico si era dissolto con la spedizione di Garibaldi. Inoltre l’Austria, sotto l’attacco degli Stati germanici e della Francia, sloggiando dalla Pianura Padana, veniva spinta a Oriente a ridosso degli Slavi.

La Liberazione dai “Tedeschi”* del Veneto e di Venezia avvenne “definitivamente” nel 1866. Ciò che Cavour non poteva neppure immaginare era che nel 1943 l’Italia fosse di nuovo riconquistata e occupata dai Tedeschi. Stavolta da quelli del Terzo Reich, di cui dal 1938 faceva parte anche l’Austria. Accadde quando ormai era chiaro a tutti che la guerra dei Nazisti tedeschi e dei Fascisti italiani era persa. Tutto avvenne in fretta. Prima, Benito Mussolini fu defenestrato da parte dei suoi amici del Gran Consiglio del Fascismo. Poi, l’8 settembre 1943, al momento del cambio di alleanza, l’Italia fu occupata dalle truppe tedesche. La Penisola unificata da Camillo Cavour e dai suoi contemporanei fu divisa in due stati. Uno al Sud, guidato dal legittimo sovrano, Vittorio Emanuele III, schierato con gli Anglo-Americani. L’altro, comprendente una parte del Meridione, il Centro e il Nord posto sotto il dominio germanico, con Mussolini capo fittizio del governo della Repubblica Sociale Italiana.

L’odiato Tedesco dai tempi del Risorgimento e della prima Guerra Mondiale aveva dunque ripreso il controllo di quasi tutta la Penisola.

Però… Già l’8 settembre iniziavano la Guerra di Liberazione e la Resistenza contro l’occupazione straniera. Una guerra avviata da ufficiali, graduati e soldati dell’esercito che si riconoscevano nel Re, Capo dello Stato e dell’Esercito, cui avevano giurato fedeltà. Ad essi si aggiunsero man mano agguerriti gruppi di antifascisti, di soldati sbandati dopo il cambio di alleanza, di giovani disertori che non rispondevano alla chiamata alla leva del Bando Graziani. Da una parte nasceva il movimento partigiano che al fianco delle truppe angloamericane proseguì la Liberazione dall’occupazione tedesca. Dall’altra, fin da subito, ai liberatori si affiancò un grande movimento popolare di donne e uomini che si ingrandiva di giorno in giorno. A farlo nascere contribuirono i cosiddetti Bandi Graziani. In realtà i bandi che chiamavano al reclutamento militare obbligatorio le leve di giovani nati dal 1916 al 1926 erano opera dei Tedeschi. Dopo aver fatto la Repubblica Sociale i Nazisti volevano disporre di un esercito di Italiani da utilizzare nella guerra contro gli Alleati che avanzavano verso il Nord e contro i partigiani che facevano guerriglia dietro le linee nemiche.

I Bandi “Graziani” furono un fallimento. Anzi ottennero il risultato opposto. Pochi risposero alla chiamata. La stragrande maggioranza scelse la via della clandestinità per sottrarsi alla caccia ingaggiata contro i disertori. Una scelta difficile e pericolosa, praticata nelle cantine, nei solai, nelle cascine, nelle chiese. In rifugi sotterranei, in nascondigli di fortuna. Una clandestinità che richiedeva l’aiuto costante di tante persone che diedero vita ad una vera e propria resistenza contro un’imposizione dettata dai nazifascisti. Nacque un movimento resistenziale vasto e capillare che vedeva coinvolte in prima persona le nonne e i nonni. Le mamme e i papà. Le zie e gli zii. Le sorelle e i fratelli. Le fidanzate e relative famiglie, comprese le parentele. Le amicizie, i vicini di casa e i compagni di lavoro. Ciascuno era impegnato con differenti gradi di consapevolezza, di responsabilità e di rischio. Tutti però erano uniti da un preciso scopo: evitare la cattura dei giovani disertori che non avevano risposto alla leva. La pena prevista era la deportazione e la condanna a morte, sia per i renitenti, sia per chi li aiutava. Questa rete di resistenti si estendeva pure ai famigliari delle centinaia di migliaia di soldati catturati dai Tedeschi dopo l’8 settembre sui vari fronti. Deportati in Germania e costretti a scegliere se arruolarsi nelle truppe filo-mussoliniane oppure lavorare nelle aziende e nelle fabbriche per sostenere lo sforzo bellico tedesco. Si trattava degli Imi (Internati Militari Italiani). Cui vanno aggiunti i prigionieri politici e i deportati per motivi razziali. Nel conto dei milioni di Italiani, più o meno consapevoli, che hanno fatto la Resistenza contro l’occupante vanno inclusi anche molti famigliari dei soldati dispersi, morti e feriti sui vari  fronti guerra.

Insomma il 25 aprile, anniversario della Liberazione d’Italia, ricorda l’opera e l’azione di milioni di Italiani che, dopo l’occupazione tedesca della Madre Patria, con diversi gradi di impegno, con tempi e modalità differenti hanno dato vita e forza a un movimento di resistenza enorme che ha contribuito alla sconfitta del Fascismo e del Nazismo. 

Gino Anchisi
da Santena, la città di Camillo Cavour, 25 aprile 2021

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“Tedeschi”, così erano chiamati gli Austriaci nel Risorgimento, perché parlavano il tedesco.