Santena: Ramondo chiude Agro T18. Puntata 292

SANTENA – 11 dicembre 2021 – La Regione Piemonte deve aiutare l’ortofrutta fresca come ha fatto per il vino e la carne. Che fare per difendere il valore sociale, culturale, paesaggistico ed economico dell’ortofrutta del Distretto del Cibo. Chiude Agro T18, uno dei leader torinesi della raccolta e distribuzione di Sito e del CAAT.

Immagine reperita in rete

Non è un fulmine a ciel sereno. Prima o poi qualcosa doveva succedere nel mercato dell’ingrosso e nella distribuzione dell’ortofrutta di Torino. Una piazza logisticamente importante, grande snodo dei commerci tra la Spagna, il Nord-Europa, la Pianura Padana, l’Area Balcanica, il Mediterraneo e il Nord-Africa. A far scoppiare la bomba è la società con sede a S.I.T.O., Interporto di Torino, di cui fanno parte Agro T18 (50% alla GDO), EFFEVI (banane) e Ramondo Srl (CAAT ristorazione, ambulanti e centri alimentari). Un gruppo che fino ad oggi disponeva di terreni coltivati nel nord e nel sud Italia e di una filiera di 600 aziende certificate, di cui alcune collocate nel nascente Distretto del Cibo del Chierese-Carmagnolese. Il titolare, Edoardo Ramondo, ha deciso all’improvviso di abbassare la saracinesca non perché fallisce: “ i conti sono in regola ”, ma per le difficoltà del ramo distribuzione. Problematica peraltro evidenziata dal comunicato del 1° dicembre di Fedagromercati su Fresh Plaza. Resta però un interrogativo. Molti si chiedono se una parte dell’impresa, visti il know-how, la filiera e la collocazione sulle infrastrutture autostradali e ferroviarie, passerà o meno ad altra società locale, italiana o straniera.  Perché il vuoto lasciato viene sempre riempito da altri.

Fresco, preparato o commodity. In questi ultimi venti anni sono cambiati il sistema del trasporto, le modalità di acquisto all’ingrosso e al dettaglio, e i tempi e i luoghi della contrattazione. Contemporaneamente la Grande Distribuzione Organizzata ha favorito l’entrata in campo di nuove piattaforme di lavorazione e trasformazione e nuove figure professionali: i buyers, concorrenti dei grossisti tradizionali. L’immissione dell’on-line, di Amazon, e il controllo della Grande Distribuzione Organizzata sulla formazione dei gusti, delle confezioni, delle preparazioni, dei consumi e dei prezzi hanno profondamente modificato gli assetti logistici e di mercato. Un processo che la pandemia ha ulteriormente accelerato. Con le riaperture del dopo Covid gli acquisti di verdure fresche di prima gamma, non soggette ad alcun trattamento di conservazione e quindi più deperibili, sono stabili se non in calo. Crescono invece la 4° gamma, ortofrutta lavata e conservata in vaschetta in atmosfera controllata o modificata, la 5° gamma, pre-cotti e pre-cucinati conservati sotto vuoto e la 3° gamma, surgelati e congelati. La questione riguarda dunque non solo la distribuzione, ma soprattutto la produzione in campo delle aziende agricole del territorio che fanno il fresco.

C’è chi sostiene che l’ortofrutta ormai si stia uniformando alla logica delle commodity. Cioè verso alimenti la cui offerta non punta su qualità, tradizioni, caratteristiche, provenienza, freschezza, sapori, tempo zero e chilometro zero. Bensì su un prodotto uniformato, indifferenziato, privo di provenienza con una domanda governata dalla pubblicità e dalle quotazioni internazionali delle materie prime, come per soia, frumento, mais, caffè, succo d’arancia, succo di pomodoro. Significativo il commento di Domenico Tuninetti, presidente del Consorzio del Peperone di Carmagnola ”…la chiusura di questo punto di raccolta e di distribuzione dei prodotti del territorio (T18) lascia uno sconforto e ci si chiede cosa sarà il domani…sempre più in mano alla  Grande Distribuzione con contratti sempre più difficili da sostenere…ci sono troppi supermercati che, per accaparrarsi i consumatori, abbassano i prezzi a scapito dei produttori e quindi sarà sempre meno conveniente produrre”. Considerazioni che confermano quanto riportato dal Rapporto Rota 2021 p. 51, citando una ricerca IRES Piemonte che segnala un peggioramento della situazione economica famigliare per il 61% dei coltivatori diretti nel 2020.

Appello alla Regione Piemonte. Il cambiamento delle abitudini alimentari, sempre più orientate verso le verdure, sta separando chi punta sulla quantità da chi punta sulla qualità del cibo e dell’alimentazione. Per i piccoli e medi produttori tipici dell’agricoltura del Piemonte si tratta, utilizzando le nuove tecnologie, di trovare la strada per vendere direttamente i prodotti freschi, certificati e lavorati ai consumatori, ai ristoratori, ai centri alimentari, nei reparti di ortofrutta e dei trasformati dei supermercati di vicinato della GDO e nei mercati ambulanti. Un canale che, accorciando la filiera, punta sulla stagionalità, l’origine, la provenienza e accessibilità e competitività di prezzo per rispondere alla crescente domanda dei cittadini.

Nel 2021, anno internazionale della verdura e della frutta, la chiusura di T18 è la conferma della ristrutturazione e della riorganizzazione del comparto.  Una riprova della utilità del Distretto del Cibo della Zona Chierese-Carmagnolese della Città Metropolitana Torinese quale sede e struttura per la cura e la tutela degli interessi delle aziende agricole e dei cittadini. Stavolta la Regione, titolare delle competenze in materia di agricoltura, deve intervenire con rapidità. Prendendo esempio da quanto è stato fatto per il vino, dopo la vicenda metanolo e per la carne rossa, dopo mucca pazza, il Piemonte deve sostenere e incentivare nuove modalità di commercio, favorire la crescita di dimensione, la riorganizzazione e l’aggregazione di aziende che producono cibo fresco, salutare, tradizionale e di qualità. Aziende -golden power- strategiche, anche per la Città Metropolitana Torinese, per garantire gestione e governo del territorio, quote di autonomia alimentare, cibi variegati e stagionali, nonchè sostenibilità, salubrità e occupazione, giovanile e femminile.

Gino Anchisi
da Santena, la città di Camillo Cavour, 11 dicembre 2021.