Santena: tutti con Camillo, in difesa dell’orticoltura. Puntata 294.

SANTENA – 24 dicembre 2021 – 2021: le aziende agricole confidano nel Distretto del Cibo per difendere il valore sociale, culturale, paesaggistico ed economico del loro lavoro. Complimenti ai consiglieri e sindaci che hanno eletto Roberto Ghio e Alessandro Sicchiero nel Consiglio della Città Metropolitana di Torino.  

L’ortofrutta del Distretto del Cibo del Chierese-Carmagnolese è in pericolo. Pochi la difendono, nonostante abbia lavorato instancabilmente nei giorni peggiori della pandemia, producendo cibo fresco e salutare. Nonostante abbia garantito quel certo grado di autonomia alimentare, scusate se è poco, da forniture provenienti da lontano e dall’estero. Il suo futuro, oggi, è minacciato da scelte scellerate della tecnocrazia europea che, mal interpretando la strategia Farm to Fork, propone un sistema di etichettatura, il Nutri-score, penalizzante per i prodotti italiani. I pericoli principali però vengono dalla Gdo, Grande Distribuzione Organizzata (buyer, supermercati, piattaforme di trasformazione e distributori) che sta imponendo contratti sempre più difficili da sostenere, praticando politiche di prezzo che ricadono interamente sulle spalle delle aziende agricole.

Mentre l’inflazione sta ripartendo, i consumatori e la politica devono riflettere su questi particolari. Perché l’aumento dei costi per concimi, energia, trasporto, macchinari e materiali sta mettendo fuori mercato le aziende agricole, caratterizzate dall’alta specialità e dalle ridotte dimensioni. Dimensioni che comportano un maggior peso dei costi fissi sui conti. Su questo contesto oggi pesa la mannaia del posizionamento dei prezzi. Prezzi non più remunerativi per chi coltiva perché non riconoscono il valore aggiunto del lavoro, del rischio di impresa e della qualità. Una soluzione c’è. Basterebbe che i listini remunerassero di più chi coltiva e di meno l’intermediazione, la trasformazione, la distribuzione e la Gdo.

L’ortofrutta è davvero a un bivio. Siccome tutti dicono di credere nel Made in Italy, adesso è ora che i consumatori e i supermercati privilegino sul serio il prodotto al 100% italiano. Perché una cosa è chiara. Le abitudini alimentari, sempre più orientate verso le verdure, stanno distinguendo tra due visioni: tra chi punta sulla qualità e chi sulla quantità. Da una parte c’è il cibo fresco, salutare, saporito e certificato. Dall’altra un alimento basato sulla logica delle commodity: uniformato, indifferenziato, privo di provenienza, con una domanda governata dalla pubblicità e dalle quotazioni internazionali delle materie prime.

Alla Regione, titolare delle competenze in materia di agricoltura, ai Comuni, alla Città Metropolitana – auguri a Roberto Ghio e Alessandro Sicchiero che rappresentano la comunità Chierese-Carmagnolese nell’istituzione provinciale – si chiede di intervenire in difesa degli interessi dei piccoli orticoltori, con la forza e l’energia impiegate per il vino dopo la vicenda metanolo e per la carne rossa dopo mucca pazza. Ma cosa dovrebbero fare? Basterebbe aiutare le aziende nello sbocco sul mercato. Nella vendita diretta ai consumatori, ristoratori, centri alimentari, all’agroalimentare, nei mercati ambulanti e nei reparti di ortofrutta e dei trasformati dei supermercati della Gdo. Incentivandoli nel fare filiere, nella crescita di dimensione, nella riorganizzazione aziendale, nell’impiego delle nuove tecnologie, nell’investire in logistica, nell’aggregazione di imprese, nella sperimentazione e prova delle varietà da coltivare, nell’assicurazione contro i rischi. Insomma, nel fare rapidamente il Distretto del Cibo.

La politica deve intervenire. Camillo Cavour, l’uomo che diede un’anima al popolo del Regno di Sardegna e poi d’Italia, di sicuro scenderebbe subito in campo per difendere dall’inflazione gli interessi delle aziende agricole. Richiamando l’attenzione dei cittadini sul ruolo da esse svolto nella società. Dove la loro presenza garantisce –talvolta non senza difetti– la gestione e il buon uso del territorio, la tutela di quote di autonomia alimentare, la qualità di offerta, la varietà di cibi: stagionali, sostenibili, tracciabili e salubri; nonché qualificata occupazione, giovanile e femminile.

Gino Anchisi
da Santena, la città di Camillo Cavour, 24 dicembre 2021