Santena, urgono “invocazioni” per la pioggia. Puntata 304

SANTENA – 11 marzo 2022 – Speriamo piova presto. Qui non ci sono il clima e le riserve idriche delle montagne. Allo Stato il compito di sostenere le aziende e il Contratto di Fiume, alla Chiesa l’invocazione e la speranza della grazia divina che discende dal cielo.

Siamo al falso inverno di un ciclo stagionale alterato dal cambiamento climatico. Sul Chierese-Carmagnolese, sul Bacino della Banna, sul Pianalto, su Santena non piove e non nevica da tre mesi. I raccolti si preannunciano magri. Anche i più distratti si accorgono dell’assenza della Sorella invocata da San Francesco nel Cantico del Creato: “Laudato si’, mi’ Signore, per sor’aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta”. In attesa che le istituzioni e la scienza facciano qualcosa, non va sottovalutato il ruolo della religione e la funzione che possono svolgere “ad pluviam petendam”  la rogazione con processione e l’invocazione e l’intenzione durante la messa. Pratiche antiche, mutuate dal paganesimo, finalizzate alla condivisione, alla comunione, soprattutto a rinfocolare il senso della comunità e del solidarismo.

Nelle fertili campagne del Distretto del Cibo della Città Metropolitana manca l’acqua. Il composto chimico, insapore e incolore, composto da due atomi di idrogeno e uno di ossigeno, fondamentale per ogni forma di vita. Nei prati le erbe soffrono terribilmente. La scarsa rugiada –preziosa risorsa del Bacino della Banna– da sola non basta a dar sollievo alle piante, agli animali, agli insetti, ai batteri e ai funghi. Le peschiere disseminate nel territorio languono. Gli invasi: lago di Arignano, lago della Spina, lago di Ternavasso sono ai minimi storici. I torrenti, i rii, i canali, i fossati della collina Chierese (da Trofarello a Buttigliera d’Asti), di Villanova, Valfenera, Cellarengo, del Roero (da Montà, Santo Stefano Belbo, Ceresole d’Alba) e di Carmagnola sono ai minimi storici. Così come lo è il grande fiume che chiude a sud il territorio: il mitico Po. Mai così basso negli ultimi 30 anni.

La terra è arida. Arsa dai geli notturni e dai calori diurni. Le api soffrono la sete. Perfino le piante da sovescio patiscono. Il grano non cresce. Critica è la situazione per gli altri cibi coltivati in campo, in serra e negli orti famigliari. C’è il rischio che i raccolti di ortaggi, frutta, cereali e legumi siano danneggiati. A questo quadro vanno aggiunte le difficoltà cui andrebbero incontro gli allevatori produttori di carne e di latticini se dovessero scarseggiare i fieni e il mais. Il tutto si somma ai rincari vertiginosi di energia, carburanti, gasolio, gas, concimi, semi, piantine, mangimi e materiali, iniziati prima della invasione dell’Ucraina da parte della Russia.

Il sacro e il profano. Visto che a questo punto non si sa che cosa fare, conviene tentarle tutte. Ricorrendo in fretta alla tradizione e al soprannaturale. E’ ora che la Chiesa con i suoi parroci e i due Arcivescovi, quello vecchio e quello nuovo, lanci un messaggio alla società tirando fuori l’orgoglio di essere una comunità capace di condividere le attuali difficoltà e le sofferenze delle campagne. Con ciò, ribadendo l’alto valore sociale svolto dall’attività agricola nella diocesi che si estende dalle Alpi (Viù) al Roero (Bra) e su un’ampia area della Città Metropolitana Torinese. Pregare perché piova non è superstizione. Per chi crede, significa invocare in comunione con gli altri la grazia divina sulla terra, sul lavoro, sulla fatica, sulla natura e sul cibo prodotto nei campi, nelle aie, sotto le serre e nelle stalle. Un’attività socialmente utile che costituisce una risorsa culturale ed economica importante per garantire l’autonomia alimentare necessaria al benessere e alla convivenza tra i popoli. Pregare insieme significa solidarizzare con gli altri, condividendo desideri, speranze e preoccupazioni.

Allo Stato e alle istituzioni spetta tutt’altro compito. Di sostenere le aziende agricole in difficoltà. Di fare un Contratto di Fiume allargato a tutto il Bacino della Banna. Finalizzato a raccogliere, regolare e gestire l’acqua che cade dal cielo con quella che c’è sottoterra nelle vene e nelle falde. Questo significa potenziare gli invasi di raccolta e manutenere i torrenti, i rii, i canali, i fossi come hanno fatto superbamente i nostri antenati nei secoli passati. Alle istituzioni spetta infatti il compito di governare un bene comune rivolto a favorire l’agricoltura 4.0. Quella in cui, accanto ai pannelli solari che producono energia pulita e rinnovabile, si affiancano gli impianti di distribuzione dell’acqua goccia a goccia nei campi e nelle serre.
E speriamo piova presto.

Gino Anchisi
da Santena, la Città di Camillo Cavour, 11 marzo 2022