Santena, lavoro e tolleranza religiosa. Puntata 369

SANTENA – 16 febbraio 2024 – Giuseppe II d’Austria e d’Ungheria capì che la libertà religiosa favoriva il lavoro e la produttività degli Stati. Jean, calvinista e ginevrino, nonno materno di Camillo Cavour, divenne conte del Sacro Romano Impero nel 1786. Il Risorgimento giustamente ha separato i poteri dello stato da quelli della religione.  

L’apertura mentale di Santena verso immigrazioni, nuovi linguaggi, diverse culture, differenti religioni è assodata. Accadeva, già nel Medioevo, quand’era borgata di Chieri, comune dalle solide frequentazioni con le Fiandre, nota terra di protestanti. Avvenne pure in casa Cavour quando arrivò la nuova sposa, Adele de Sellon, ginevrina, di famiglia calvinista, convertitasi proprio a Santena al cattolicesimo nel 1811, un anno dopo la nascita di Camillo. E’ ricapitato negli anni Sessanta del Novecento con l’opera a favore della integrazione degli immigrati dal meridione realizzata dalla comunità parrocchiale guidata dal parroco don Giuseppe Lisa. Risuccede di nuovo in questi giorni con l’Islam.

La tolleranza religiosa a Santena viene da lontano. Evolve, si differenzia a ridosso della presenza dei Mussulmani. Ma neanche più di tanto. Come allora infatti c’è bisogno di persone che svolgano lavori qualitativamente e quantitativamente indispensabili. Di donne e uomini che pagano regolarmente le tasse e gli affitti. Che mandano i figli a scuola. Che rispettano le leggi dello Stato, per prima la Costituzione. Che sperano di ottenere la cittadinanza. Che lavorano e fanno acquisti contribuendo alla creazione della ricchezza della comunità e della nazione.  Su questo Camillo Cavour sarebbe d’accordo dall’alto della sua formazione di cattolico illuminista, non pauroso di esplorare nuovi sentieri, attento alle trasformazioni e alla introduzione di riforme favorevoli alla convivenza e al benessere sociale.   

Siccome la storia è maestra di vita c’è un’esperienza lontana, poco conosciuta, su cui torna utile riflettere. E’ la scelta compiuta nell’Impero di Austria e Ungheria da Giuseppe II, figlio di Maria Teresa, tra il 1780 e il 1790. Una decisione politica presa prima della Rivoluzione francese del 1789 e del I emendamento alla Costituzione degli USA del 1787. Fatta per sostenere l’emancipazione delle persone di religione diversa da quella cattolica. Giuseppe II, da Cattolico e Illuminista, decise di avviare l’abbattimento dei muri eretti dalla intolleranza religiosa favorendo la libertà di culto. E’ cioè la libertà di professare la propria fede e la libertà di poterla cambiare in ogni momento. Una decisione che ebbe un impatto importante sulla cultura italiana del tempo e sulle vicende politiche del Risorgimento. Altrettanto forte, o forse persino di più, della Rivoluzione Francese e del regime di Napoleone I. Perché influenzò la cultura del Ducato di Milano e in parte il resto della Penisola divisa in piccoli staterelli, insignificanti di fronte ai cambiamenti globali in corso alla fine del ‘700.

Giuseppe II era ben cosciente del cambiamento in corso in Europa e nel Mondo. Sapeva che l’unità religiosa non era più necessaria per governare lo Stato. Che la laicità dello stato era garanzia per la libertà religiosa. Che senza la libertà religiosa il danno per la società dell’Impero Austro-Ungarico sarebbe stato enorme. Perché nelle terre e nelle città dell’Impero c’era un forte bisogno di lavoratori nelle campagne, nelle officine, nei negozi e nelle fabbriche nascenti. Pertanto, per evitare che gli ortodossi e gli appartenenti alle varie sette protestanti fossero costretti a emigrare verso stati più accoglienti, decise di adottare la strada della convivenza, facendo sì che l’Impero cattolico più religiosamente repressivo, diventasse uno dei più tolleranti…

Gino Anchisi
da Santena, la città di Camillo Cavour, domenica 16 febbraio 2024