Tetti Giro fedeli e comunisti. Seconda parte. Puntata 397

SANTENA – 29 novembre 2024 – I Comunisti per oltre due secoli convissero civilmente. Un’esperienza che si distacca dalla tradizione comunista laica e atea, notoriamente pronta a dividersi in ogni occasione. Un esempio tra i tanti di Chiesa Popolo di Dio. Sullo sfondo la vicenda di Via Canonico Gaspare Bosio.

Dopo aver deciso nel 1750 di costruire in comunione la Cappella di Tetti Giro, tra i Comunisti  cominciarono i mugugni. Naturalmente qualcuno cercava di fare il furbo versando meno delle sue possibilità. Anche tra il popolo c’era chi preferiva fare l’evasore. Per superare la questione fecero una convenzione, una sorta di legge dal basso, che dettava regole uguali per tutti. Nel 1756 si stabilì che la Cappella era comune tra chi aveva partecipato alle spese. Che era aperta al pubblico dei cascinali. Che non c’erano distinzioni di posti né di anzianità. Che ciascun particolare, cioè proprietario di terra, doveva contribuire alle spese di gestione in natura. I Comunisti dimostrarono di essere bravi amministratori. Per due secoli tutto o quasi filò liscio. La fede, il sano orgoglio e i legami parentali saldati dai matrimoni facevano da cemento. Nel 1768 fu eretto il campanile. Nel 1831 fu la volta della sacrestia. Nel 1848 lo Statuto Albertino trasformò da servi della gleba in cittadini le persone viventi e operanti nel Regno di Sardegna. Nel 1850 furono votate le Leggi Siccardi di separazione tra lo Stato e la Chiesa. Nel 1851 a Tetti Giro costruirono la casa canonica e presentarono la domanda per ampliare la cappella. Nel 1854 ci fu un salto di qualità enorme. L’8 dicembre Papa Pio IX proclamò l’Immacolata Concezione di Maria, dogma della Chiesa. Nel 1860 tutto il gruppo dirigente d’Italia, con in testa Camillo Cavour, fu scomunicato per aver invaso lo Stato Pontificio.

Tra le famiglie che diedero il loro contributo erano i: Tosco, Romano, Perrone, Migliore, Bosio, Scallero, Gillio, Bosco, Domenino, Mosso, Capella, Chiesa, Cavaglià, Gambino, Griva. Ormai anche la Cappella di Tetti Giro era sempre più immersa nelle dispute politiche europee e nel processo che sarebbe culminato con l’Unità d’Italia. In paese si vociferava. I sacerdoti dai pulpiti guidavano le greggi. I Comunisti di Tettigiro assistevano curiosi al conflitto tra lo Stato e la Chiesa, tra cattolici tradizionalisti e riformatori, tra il Papa Pio IX e il concittadino santenese, Primo Ministro, Camillo Cavour. Persino il suo funerale, il 7 giugno 1861, con in ballo l’assoluzione vera o falsa, fu oggetto di divisione. Circolava insistente la voce che l’avessero avvelenato.

In un clima di aperta competizione tra laici e cattolici, progressisti e laici e cattolici conservatori, nel 1869 a Tetti Giro fu deciso che il contributo annuale per la gestione della cappella non si faceva più in natura ma in lire. Pochi mesi dopo venne una svolta significativa per la storia d’Italia e d’Europa. Il 18 luglio 1870 il Concilio Vaticano I proclamò il dogma dell’infallibilità del Papa. Il 2 settembre, a Sedan, i Francesi furono sconfitti dai Prussiani. Il XX settembre 1870 ci fu la Presa di Roma. Finiva fortunatamente –per chi crede, invece, fu volontà dello Spirito Santo– il potere del Papa-Re e contemporaneamente si realizzava il sogno di Camillo Cavour di avere la Città eterna come capitale d’Italia.

Nel 1878 salì al trono pontificio Leone XIII (+1903), il Papa della “Rerum Novarum”, l’Enciclica sulla dottrina sociale della Chiesa. Nel 1893 –al Governo c’era Giovanni Giolitti cui subentrò Francesco Crispi– fu di nuovo necessario cambiare la convenzione della Cappella. Per essere Comunisti stavolta il contributo era ripartito per superficie dei terreni e per ogni casa posseduta. Fu anche introdotta la norma all’art. 15 che scatenò il conflitto, finito in tribunale, con uno dei massimi storici della Chiesa dell’Ottocento. Una vicenda incresciosa, scoppiata tra Lui e i massari della Cappella sul suo diritto di dire la messa senza chiedere il loro permesso. Un episodio che nel 1894, mise in imbarazzo il Tettigirese, Teologo Gaspare Bosio (1845-1898). Autore della “Storia della Chiesa di Asti” e della magnifica “Storia di Santena e suoi dintorni” dedicata a Giuseppina Benso, la nipote dello scomunicato Camillo Cavour. Una storia stampata nel 1884, che dava un’identità al Comune di Santena, nato cinque anni prima, nel 1879, dal distacco da Chieri. Un bel regalo alla nuova comunità da poco costituita. Un’operazione culturale importante, che esaltando la santenesità marcava la distanza da Chieri.

Dottore in filosofia e lettere, insegnante nel Liceo Alfieri e nel Seminario di Asti, il Bosio era in stretto contatto con un forte gruppo di sacerdoti e laici attenti alla questione sociale e operaia, all’associazionismo e al volontariato, tra i quali San Giuseppe Marello, fondatore degli Oblati di San Giuseppe. A metà Ottocento tra i cattolici, la centralità del valore sociale del lavoro e dell’imprenditorialità, caro agli Illuministi, si stava affermando lentamente sulla spinta dei Santi e delle Sante sociali Piemontesi. Nel caso della messa a Tetti Giro Bosio forse pagò il fatto di avere una visione “troppo” moderna della società. Forse pestò i piedi sbagliati. I due Massari, col senno di poi, si può dire che esagerarono o forse furono spinti a gonfiare il caso. Comunque sia il Tribunale diede torto a Bosio. Della faccenda ne parla Carlo Smeriglio nel volume “Santena: da Villaggio a Città” a pagina 145. Una vicenda sistemata per i posteri e per la memoria del teologo e storico con la dedica comunale della via che dalla piazza di Tetti Giro va al Gamerario e ai territori di Cambiano e Trofarello.

Tirate le somme, la gestione comunista è durata più di 230 anni. Poi nel 1984 –il Governo era presieduto da Bettino Craxi– la Cappella passò nella proprietà della Parrocchia di Santena. I Comunisti non c’erano più. Anzi ci sono ancora, ma sotto altre forme. Perché il senso comunitario a Tetti Giro è basato da una ancor solida visione religiosa, culturale e sociale. Un sentimento che ha percorso la storia degli ultimi tre secoli stando al passo con i tempi.

Nel frattempo i servi della gleba senza diritti, con la rivoluzione del 1848 e con lo Statuto Albertino, lentamente furono riconosciuti come cittadini portatori di diritti. Per i Comunisti di Tetti Giro, proprietari di particelle di terreni, l’articolo 29 che sanciva l’inviolabilità della proprietà privata, compresa quindi quella dei piccoli agricoltori, segnò una svolta di enorme valore. Il riconoscimento del loro essere operai e imprenditori li inseriva a pieno titolo tra i ceti emergenti produttivi sulla scena sociale. Tra coloro che chiedevano alla nobiltà, al clero e ai militari di cedere privilegi e ruoli ormai impropriamente occupati nelle istituzioni e nei centri del potere politico.

Gino Anchisi
da Santena, la città di Camillo Cavour, 30 novembre 2024

*
LINK alla prima parte:
www.rossosantena.it/2024/11/24/tetti-giro-donne-e-comunismo-puntata-396/

 

Lascia un commento