Elena Rossi se n’è andata. Puntata 398

SANTENA – 4 gennaio 2025 – Il padre salvò Santena da una possibile strage. La storia d’Italia e d’Europa letta attraverso una ragazza – Elena Rossi – nipote di un santo sociale vescovo, vissuta nel Castello Cavour.

Mons. Giuseppe Marello, Fondatore della congregazionne degli Oblati di San Giuseppe
Mons. Giuseppe Marello, Fondatore della congregazionne degli Oblati di San Giuseppe

Elena Rossi (1930-2024) era parte della memoria storica di due Comunità fondamentali nella Storia religiosa e civile d’Italia e d’Europa. Santena, dove visse fino al 1952 e San Martino Alfieri, dove soggiornava lungamente nella casa di famiglia. Libera, bella, intelligente e ironica ricordava ciò che avevano fatto i suoi antenati insieme alle generazioni vissute dall’Ottocento in poi. Suo nonno Vittorio, Sindaco di San Martino, era fratello di San Giuseppe Marello, fondatore della congregazione degli Oblati di San Giuseppe di Asti, che hanno missioni in 5 continenti. Il Santo sociale, nominato Vescovo di Acqui Terme da papa Leone XIII, rappresentava la modernizzazione della Chiesa cattolica che si apriva alle categorie di giovani lavoratori ormai consapevoli di essere i produttori della ricchezza delle comunità in cui vivevano e operavano. Elena ricordava Santena e suo papà Tommaso Rossi (1887-1956), agronomo, cuneese di Andonno, tenente degli Alpini, fondatore nel 1931, del Gruppo A.N.A. di Santena. Sepolto a San Martino Alfieri nella tomba dei Marello, che fino pochi anni fa aveva accanto a suo completamento la sepoltura dei parenti di Francesca Armosino, la terza moglie di Giuseppe Garibaldi. La tomba dei parenti piemontesi del Generale smantellata non si sa per quale ragione. Nel 1913 Rossi si sposò con Anna Maria, figlia di Vittorio e nipote del Santo. Nel ’14 a Grinzane Cavour nacque la prima figlia, Margherita, detta Tina. Tommaso era l’amministratore di Adele Alfieri di Sostegno proprietaria del Castello dove è nata la prima Enoteca Regionale Piemontese. Nel 1915 andò in guerra al fronte, sul Carso. Dopo quasi quattro anni di lontananza scoprì di non avere più il posto di Grinzane. Allora trovò impiego a Fontanafredda al servizio di Gastone Guerrieri, il nipote di re Vittorio Emanuele II e della Bela Rosin. In quei frangenti conobbe Giacomo Morra, il Re del Tartufo, proprietario dell’Hotel Savona.

Nel 1928 Rossi fu richiamato a San Martino a sostituire l’amministratore Giuseppe Bottino. Nel 1929 arrivò la svolta della sua vita. Era l’anno dei Patti Lateranensi tra lo Stato Fascista e la Chiesa Cattolica. I Visconti Venosta, discendenti degli Alfieri, gli affidarono la gestione di Santena, dove è sepolto Camillo Cavour, il vero Padre della Patria. A Santena, sulla Tomba, Mussolini aveva fatto portare il famoso Ramo d’Ulivo perché fosse fissato sulla pietra tombale. Il Duce voleva prendersi il merito di aver chiuso la ferita rimasta aperta nel Risorgimento. Quella nei rapporti tra Stato e Chiesa che il riformismo cattolico rappresentato Cavour non riuscì a saturare per colpa di Pio IX. Tommaso Rossi era l’uomo giusto per tutelare il patrimonio storico di Santena. Nel 1939, il 16 maggio, Giovanni Visconti Venosta e Lui accolsero il Duce in visita alla Tomba di Cavour per celebrare il decennale dei Patti Lateranensi. La situazione era delicata perché il Marchese era uno dei leader nazionali dell’Antifascismo. Il Duce arrivò. Scese dall’auto visibilmente nervoso. A Mirafiori tra gli operai qualcuno l’aveva fischiato. Col discendente degli Alfieri di Sostegno, dei Benso di Cavour e dei Visconti Venosta si comportò da signore, ma con freddezza. Insieme entrarono nella Tomba. Tra loro c’era il Podestà, il filo monarchico, Giovanni Rey. Il Ramo d’Ulivo, che dopo le visite ufficiali spariva regolarmente in un angolo dei sotterranei, era lì, splendente e in bella mostra, poggiato su un piedistallo di noce scuro. Mussolini si fermò pensieroso davanti alla sepoltura. Poi uscì. Fuori dalla Tomba i due antagonisti si salutarono. Il Duce proseguì salendo con passo ginnico lo scalone monumentale della Chiesa parrocchiale. Guardò il popolo adorante, fece il saluto romano e se ne andò. Enorme fu la delusione di chi aspettava uno storico discorso. Poi iniziò il disastro della guerra. Fin dal primo giorno, dall’11 giugno 1940, Torino veniva bombardata dagli Alleati. Un bel giorno, a Santena, Tommaso Rossi dovette ricoverare il Caval d’Brons, il simbolo della città del Toretto. Elena ricordava che dal 1944 vicino al monumento smontato c’erano le baracche dei soldati tedeschi. In casa loro invece dormiva un ufficiale. Nel Castello, nel piano seminterrato accanto alla ghiacciaia e all’inutile rifugio antiaereo, fu ricavato un nascondiglio murato. Dentro c’erano documenti riservatissimi della FIAT e la preziosa coppa di Porcellana di Sèvres donata da Napoleone III a Cavour. C’era anche una radio nascosta nei sotterranei.

Nell’autunno del 1944 per Tommaso Rossi la situazione divenne ancora più complessa. Nel Castello si insediò il comando del LXXV Corpo d’Armata della Wermacht. Il Comandante dal 2 luglio 1944 era il Generale Gebirgsjager, Hans Schlesser. Che quando era in sede passava più volte sotto la finestra di casa Rossi, affacciata sul cancello d’entrata al parco. Un giorno i partigiani dissero che volevano appostarsi dietro la finestra per lanciare una bomba sul generale tedesco. Quella volta Tommaso Rossi perse davvero le staffe. Minacciò di prenderli a schiaffi e a calci in culo. Gridò che i Tedeschi avrebbero reagito mettendo e ferro e fuoco tutta Santena e il Castello. I Partigiani per fortuna riconobbero la sua autorità e lasciarono perdere. Quando finì la guerra Rossi fece sistemare la casa astigiana e riprese anche l’amministrazione di San Martino e Magliano Alfieri che nel frattempo era stata lasciata da Ottavio Coda. Nel 1947, dopo un banale intervento chirurgico il marchese Giovanni Visconti Venosta, morì inaspettatamente. La vedova, Marchesa Margherita Pallavicino Mossi, allora chiamò come collaboratore Ivan Bosdari. Rossi, non contento, lasciò l’amministrazione. Tenne però saldamente quella di Santena. Fino al 1956, anno della morte, avvenuta nella casa accanto alla Tomba di Camillo Cavour.

Gino Anchisi
da Santena. la città di Camillo Cavour, 4 gennaio 2025