Santena 26 aprile. Via i Tedeschi arrivano gli Americani. Puntata 406

SANTENA – 21 aprile 2025 – Armando Chiesa da piccolo. Re Carlo III e Camilla d’Inghilterra, a Ravenna. Tra i caduti per la Liberazione: Giuseppe Musso (1922-1944) giustiziato il 29 ottobre; Enrico Visconti Venosta (1883-1945) caduto in combattimento il 4 marzo; Giovanni Tosco (1922-1945) fucilato il 13 aprile.  

Il 26 aprile della Liberazione era di giovedì. Fu subito festa grande. L’Italia si preparava a rientrare tra i Paesi Occidentali stavolta a guida non più inglese ma Statunitense. Gli asparagi spuntavano nei campi. Gli sfollati tiravano un sospiro di sollievo, compreso l’uomo della Fiat residente in incognito nelle scuderie del Castello. I fascisti più compromessi si chiusero in casa per paura di rappresaglie. Troppe erano le vittime del regime. In tante case si aspettava il ritorno dei deportati in Germania. Ogni famiglia era stata toccata dalla guerra. Gli Antifascisti e i Partigiani avevano vinto grazie all’arrivo dei Liberatori Americani e Inglesi. Mussolini, ridotto a fantoccio dai suoi e dai Nazisti, fu giustiziato. I Tedeschi si preparavano a lasciare il Castello Cavour, dove aveva sede il Comando del LXXV Corpo d’Armata della Wehrmacht il cui Comandante, dal 2 luglio 1944, era il Generale Gebirgsjager, Hans Schlemmer. Quello della ritirata verso la Germania, finita con la resa a Vercelli solo il 3 maggio 1945, tre giorni dopo il suicidio di Adolf Hitler.

Giovanni Visconti Venosta

Partiti i Tedeschi, arrivarono gli Americani. Alcuni erano neri, oggi si dice “di colore”. L’impressione a Santena fu enorme. Per qualcuno, però, la faccenda era più che normale. Lo era per Giovanni Visconti Venosta (1887-1947) il padrone del Castello di Santena. L’ultimo Marchese di Cavour. Il figlio del Ministro degli Esteri Emilio Visconti Venosta e di Luisa Alfieri di Sostegno, la pronipote di Camillo Cavour. Antifascista della prima ora, Aventiniano nel 1942-43, da rappresentante della Fiat a Roma, aveva tramato per destituire Mussolini. Liberale e cattolico, amico di Giovanni Amendola, di Alcide De Gasperi e di Umberto II, a dimostrazione dei solidi legami con gli USA, ospitava alla luce del sole nel 1944 nel suo castello di San Martino Alfieri nientemeno che un ufficiale dell’Esercito Americano: il maggiore Kupmann. Come si vede Santena era un luogo speciale dell’antifascismo. La Resistenza qui andava oltre il livello localistico per inserirsi in una dimensione Italiana, Mediterranea, Europea e Mondiale.

Armando Chiesa

Del cambio di regime e dell’arrivo degli Americani è testimone Armando Chiesa, classe 1938, figlio di Maria Pollone e di Giuseppe, di professione sarto e figlio di sarto. Armando è Tenente degli Alpini; nel 1962 è stato tra i rifondatori dell’Associazione Nazionale Alpini di Santena. Armando ci tiene a ricordare Costanzo Ruella, da poco scomparso. “Quando l’ambientalismo negli anni Settanta del secolo scorso muoveva i primi passi, lavorò perché gli Alpini coinvolgessero la comunità santenese nella conoscenza del territorio e del Fiume Banna”. “Abbiamo fatto grandi cose. Concerti e spettacoli con bravi artisti. Iniziative a carattere sociale, culturale, ambientale e storico e raccolto aiuti per i terremotati. Tutto iniziò con il terremoto del Friuli del 1976, con Gemona”. Gli Alpini rappresentano una bella esperienza di impresa sociale, basata sul volontariato e senza scopo di lucro, che ha prodotto tanta economia civile.

Costanzo Ruella

Armando Chiesa ricorda l’asilo infantile di piazza Visconti Venosta. Aveva 3 anni e suor Arsenia, di Tronzano Vercellese, li portava a passeggiare nel Parco. Giocavano intorno al Caval d’brons, anch’egli sfollato da Piazza San Carlo di Torino. Tutti la chiamavano suor Rassegna e somigliava a Fernandel. Si mangiava sempre minestra di riso. A 4 anni Armando si rese conto che c’era la guerra. “Le sirene davano l’allarme aereo. Si correva a cercar rifugio tra le spesse mura della scalinata tra il campanile e la grotta. Vicino a noi c’erano i Caretto, gli Ianni, la signora Rolle. La mamma terrorizzata ansimava. Contro i bombardieri  qualcuno invocava “San Spedito” e altri rispondevano “spediteli via”. Là sotto si recitava il Rosario, con tutte le Litanie”. Non sapevano che gli Alleati mai avrebbero bombardato Santena perché c’era la casa dei Visconti Venosta, noti Antifascisti. Santena era diversa da adesso. La popolazione era di 4000 abitanti. L’ammasso dei generi alimentari razionati era in via Principe Amedeo, nel cortile dei Tosco. Giuseppe, il papà di Armando, aveva lì vicino il laboratorio di sartoria, con otto lavoranti, tra via Principe Amedeo e via Piave. Era il capo della corporazione. Da lui passava la milizia con la camicia nera. “Passavano i Tedeschi che andavano all’antiaerea al Gamenario. C’era un ufficiale tedesco con il monocolo, gambali lucidissimi, divisa impeccabile e certe volte con l’elmetto. Veniva in laboratorio per farsi fare dei lavori. Veniva anche il Capitano Vittorio Negro, il capo dei Partigiani. E con lui c’era talvolta un partigiano di Villastellone, che incuteva paura. Poi ci fu il saccheggio del treno bloccato a Tetti Giro. Dicevano che era carico di castagne bianche e lisciva. Il velluto dei sedili della prima classe fu staccato e portato via. Forse c’era anche dell’altro. Visto il via vai, davanti casa mia sembrava il Far West”. Armando era troppo piccolo per ricordare la pesante vicenda del Commissario Prefettizio di Santena, Antonio Tonelli. Rapito mentre giocava a carte di fronte alla casa del Fascio, nell’Osteria di “Mesciavin”, oggi Bin Ciapà, giustiziato dai partigiani a Cinzano il 23/10/1944. Così come non ricorda la morte di Enrico Visconti Venosta, erede di Camillo Cavour, figlio di Emilio e fratello di Giovanni. Cui l’incontro del 10 aprile di re Carlo III con i partigiani di Alfonsine: Stefano “Steno” Pagani e Minny “Viera” Geminiani e con Patrizia Strocchi , presidente della sezione Anpi Piangipane, Santerno e Camerlona per ricordare l’80° della Liberazione ha fatto di sicuro piacere. Camerlona è il luogo in cui Enrico –Maggiore volontario del gruppo di combattimento “Cremona” del CIL (Corpo Italiano di Liberazione), aggregato all’ 8° Corpo d’Armata Britannico– fu sepolto dopo essere caduto combattendo contro l’occupante tedesco nei pressi di Ravenna, il 4 marzo 1945.

Armando Chiesa prosegue: “Nell’ottobre 1944 iniziai la prima elementare. La scuola Cavour era inagibile perché occupata dai Tedeschi. Si andava nella sala del Consiglio Comunale. Ogni alunno portava un ceppo di legna per riscaldarsi. Altre aule erano nel Consorzio Agrario, dove oggi c’è la panetteria della piazza. Finita la guerra, a ottobre del 1945, la scuola riprese. Entrai in prima elementare. Gli Americani, i negri così li chiamavamo allora, distribuivano cioccolata, gomma da masticare, latte condensato, zucchero. Il magazzino era nelle scuderie del Castello Cavour. Era pieno di generi alimentari. Erano gentili e sorridenti. Dopo la guerra anche i quaderni di scuola erano cambiati. Prima in copertina c’erano l’Africa Orientale, con i cammelli e i dromedari. Adesso c’era un televisore simbolo di modernità. La maestra, fascistissima, vedendola disse con disprezzo “E’ arrivata la propaganda americana”. Era vero, la democrazia cambiava il modo di essere dei Santenesi e degli Italiani”. La Liberazione portava in Italia e in Europa uno spirito nuovo pieno di speranza nel futuro.

Gino Anchisi
da Santena, la città di Camillo Cavour, 20 aprile 2025

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FONTE immagini: La foto di Giovanni Visconti Venosta è stata reperita da Wikipedia. La foto di Armando Chiesa arriva dal sito alpinisantena.it La foto di Costanzo Ruella è dell’archivio RossoSantena