Francesco Cima e la Memoria. Puntata 407

SANTENA – 28 maggio 2025 – Francesco Cima, Commendatore e Dottore, 82 anni, già amministratore della Città di Santena, è deceduto.  Il ricordo di Gino Anchisi.

Era della generazione nata negli ultimi anni dalla II Guerra mondiale. Lo conobbi come amico di mio fratello Pietro. Cima, di nome Francesco, era del 14 gennaio 1943. Mio fratello del 29 giugno 1944. Nati sotto la Repubblica Sociale Italiana – la colonia tedesca, creata dopo la destituzione di Benito Mussolini da parte del Gran Consiglio del Fascismo – entrarono nel conto di quelli “di Razza Ariana” come volevano le leggi razziali del 1938. Di ariano avevano nulla. Cima aveva addirittura ascendenze ebraiche. Erano semplicemente figli della II guerra mondiale, durata dal 1939 al luglio 1943, e della conseguente guerra civile per la Liberazione, durata quasi due anni, dal settembre 1943 al maggio 1945. Nacquero quando gli Italiani coscienti dell’errore compiuto col nazionalismo cambiarono alleanza, passando con gli Anglo-Americani.

Tutti e due avevano profonde radici cristiano giudaiche. Crebbero e frequentarono le scuole negli anni Cinquanta del Novecento. Gli anni fortunati della Ricostruzione, del Piano Marshall, della Democrazia Cristiana, di De Gasperi: europeista e vincente sui comunisti filorussi. Erano i giovani di Italia 1961, il centenario della scomparsa di Camillo Cavour e dell’Unità d’Italia. Negli anni Sessanta del Novecento – gli anni del Boom economico e dell’emigrazione, verso il Nord e le città – erano pronti per entrare nel mondo del lavoro. Francesco trovò impiego in banca, nel Banco di Sicilia. Mentre Pietro e quasi tutti i coetanei entrarono in Fiat. Si inserirono nella società mentre venivano sfiorati dalla rivoluzione culturale, portata dal Concilio Vaticano II. L’evento che ha preceduto il Sessantotto, il rafforzamento dello stato sociale e lo Statuto dei diritti dei lavoratori. Pietro e Francesco avevano un bel giro di amici. Ragazze e ragazzi che hanno segnato la vita della comunità. Alcuni scomparsi e altri ancora in vita. Il fulcro sociale era il mitico e laico “Bar Navone”, dove si faceva notare che, anche ad agosto, Francesco portava la giacca. In effetti, pochi l’hanno visto in maniche di camicia e rarissimi in t-shirt.

Francesco Cima

Negli anni Settanta Francesco Cima entrò in politica. Prima con i Socialdemocratici e poi con i Democristiani. Arrivò perfino a rappresentare l’intera comunità in qualità di Sindaco. Prima dal 1982 al 1985. Poi dal 1990 al 1993.  I contrasti non mancavano. E lui non si tirava indietro. Dopo gli anni del terrorismo e degli attentati di mafia l’Italia affrontava una crisi dettata dal calo della produttività, dall’assistenzialismo e dall’indebitamento. Il sistema di rappresentanza comunale non funzionava: il personalismo dilagava, favorito dal sistema elettorale e dagli eccessi del partitismo. Il voto di un solo consigliere comunale era in grado di far cadere l’intera amministrazione cittadina. Santena amministrativamente non era né peggio né meglio della media nazionale. In questo contesto, Francesco aveva amici e avversari. Non mi piacque come contrastò l’opera del dottor Pier Arrigo Fenoglio, un democristiano attento alla questione sociale e ambientale. Io glielo dissi. Cima, con i suoi spigoli, certe volte si tirava addosso una forte opposizione. Fu addirittura sfiduciato dal Consiglio comunale. Ma questo è solo un particolare. Di lui voglio ricordare l’interesse per la cultura e la storia. In particolare per la libertà, sua e degli altri. Una passione che derivava dagli insegnamenti dei suoi genitori. Due Giusti di cui tutti i Santenesi devono essere orgogliosi. Lo dimostrarono concretamente negli anni della caccia agli Ebrei (1943-1945) nascondendo e proteggendo a rischio della vita, diverse persone ricercate. In particolare una fanciulla: Pia Segre, ospite per lungo tempo in incognito in casa loro. Pia Segre, la mamma dello storico Alberto Cavaglion. Per questo ci piace ricordare Francesco insieme ai suoi genitori: Gaetano Cima, nato a Torino il 26 febbraio 1905, da Francesco e Ida Ottolenghi, morto il 12 gennaio 1954. Sposato con Orsola Maria Negro, nata il 17 aprile 1906, deceduta il 4 agosto 2007, all’età di 101 anni.

Gaetano e Orsola operarono per la libertà. Commisero gravi reati perché non rispettarono la Legge. Ospitarono dei clandestini con documenti falsi. Nascosero i ricercati, accolsero gli abbandonati e tesero la  mano ai perseguitati. Alle autorità dichiararono il falso. Usarono mezzi illegali e truffaldini agli occhi degli ipocriti e dei benpensanti per raggiungere un fine: salvare la vita di altri. La loro preziosa memoria insegna come si dovrebbe essere, come varrebbe la pena di vivere. Almeno su questo Francesco ed io siamo stati d’accordo, ricordandolo ogni volta che ci si incontrava lungo la via Torino, tra casa sua e la farmacia.

Gino Anchisi
da Santena, la città di Camillo Cavour, 28 maggio 2025