SANTENA – 11 giugno 2025 – Capaci di ricordare. Con la testimonianza di Antonio Vassallo. Abbiamo il dovere della memoria, il diritto alla verità. Questo il tema dell’incontro, organizzato venerdì 16 maggio 2025, dall’Istituto Comprensivo e dalla biblioteca Civica della Città di Santena e da ITUR, realtà che gestisce i servizi bibliotecari cittadini. La cronaca, opera di Carlo Mosso, cronista di RadioBase2.0, la prima web radio cittadina.
Ci sono momenti in cui la vita ti mette di fronte a repentini cambiamenti. Momenti frastornati in cui pochi istanti fanno crescere come anni di sviluppo. Questa è la sensazione che il pubblico, venerdì 16 maggio 2025 al Teatro Elios, ha provato ascoltando l’appassionato e profondo racconto di Antonio Vassallo. Fotografo per passione, combattente per la verità come ragione di vita.
Capaci, 23 maggio 1992. Una data che per tutti segna uno spartiacque, un momento impresso in ogni cittadino onesto che crede nella lotta alle mafie. Proprio quel pomeriggio avviene la strage di Capaci, in cui vengono assassinati il giudice Giovanni Falcone, la moglie magistrata Francesca Morvillo e i ragazzi (perché di giovanissimi si tratta) della scorta Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani. Lui, Antonio, ventiquattrenne senza paura, impavido come l’età permette di essere, corre sul luogo. Facile per lui che abita a 300 metri dalla voragine originata dal tritolo. Non si stacca mai dalla sua macchina fotografica e così fa alcune foto. Questo solo dopo aver rischiato la vita: un agente della scorta – Angelo Corbo oggi carissimo amico – gli punta il mitra contro intimando di allontanarsi.
Antonio è stato, forse, uno delle ultime persone a vedere il giudice ancora in vita, anche se in condizioni estremamente difficili dovute allo schianto della macchina sui detriti schizzati dall’esplosione. Le foto, si citavano, che non si vedranno mai. Fotografie che Antonio ha scattato ma che vengono requisite da due individui spacciatisi per poliziotti. Subito lì, sull’asfalto distrutto e bollente dell’autostrada di Capaci. Fotografie che Antonio non vedrà mai più. Che non arriveranno mai agli atti giudiziari del processo, nonostante le rassicurazioni di questori e agenti di polizia. Oggi, ancora, ci si chiede cosa e chi fotografò Antonio di così compromettente. Persone o cose che non si doveva sapere fosse lì presenti in quel momento?
Vassallo sa per certo, oggi, che quando sono accadute queste stragi compiute anche dalla mafia, c’è sempre qualche incaricato a requisire dei documenti preziosi, importanti e fondamentali per la ricerca della verità giudiziaria. Così per Falcone come per Borsellino con la famosa agenda rossa.
Servizi segreti? Incaricati di apparati dello stato sotto copertura? Boss mafiosi che vogliono far sparire le prove? Non lo sappiamo, come non si è a conoscenza delle primissime foto scattate a Capaci.
Antonio non è uno che si lascia spaventare, ma continua il suo impegno non solo per esercitare il dovere della memoria ma anche il diritto della verità. Ascoltandolo raccontare quei fatti si capisce che in fondo non è semplicemente un fotografo di cerimonie, quelle impomatate e infiocchettate. Per lui la storia della vita aveva previsto un’altra sfida, ben più grande. Quasi da report di guerra.
Da quelle vicende ha sviluppato uno spirito di lotta e di impellenza della divulgazione della sua esperienza attraverso cui passa la storia delle stragi mafiose italiane. Attacchi contro quegli individui dello stato che cercavano di combattere per una società più giusta, onesta, democratica e sicura. Proprio di quella vicenda così tragica che Antonio racconta i successivi accadimenti, i misteri, le negligenze divulgative e i paradossi, mantenendo sempre la fiducia nelle istituzioni dello stato. Non è che per qualche mela marcia tutte le mele non siano più buone.
Insomma, insieme a lui ci siamo chiesti chi ha ucciso davvero il giudice Falcone, la moglie e i ragazzi della scorta. Chi ha premuto il “vero” telecomando? Fu solo mafia? Domande a cui non abbiamo risposta e forse non l’avremo mai, ma abbiamo il dovere di continuare a chiedercelo e ha raccontare queste vicende per essere capaci di ricordare e di agire nella nostra società da cittadini liberi e onesti. Antonio pochi minuti dopo l’esplosione, dice di aver capito chi avesse collaborato alla preparazione dell’omicidio. Vicini di casa, compagni di scuola con cui si convive quotidianamente nello stesso paese e in cui la linea tra il bene ed il male è davvero molto sottile.
Una storia da ascoltare per l’energia, la tenacia e l’intraprendenza con cui Antonio continua dopo tanti anni a raccontare quelle drammatiche vicende e per continuare ad approfondire la ricerca della verità. È possibile che siano stati davvero solo dei semianalfabeti mafiosi ad organizzare un così perfetto sistema per eliminare le autorità dello stato?
Carlo Mosso – Radio Base2.0
Santena. Città di Camillo Cavour