Santena discute il decreto Gelmini

SANTENA – 25 ottobre 2008 – Di seguito gli interventi di Patrizia Borgarello, assessore all’istruzione di Santena; Umberto D’Ottavio, assessore all’Istruzione della Provincia di Torino; Elena Maccanti, esponente della Lega Nord, componente la commissione Cultura alla Camera; Giuliana Testori, dirigente scolastico dell’istituto comprensivo di Santena, al convegno: “Scuola: tra enti locali, tecnologie e riforma. Quali prospettive per il futuro?”, tenuto a Santena il 24 ottobre 2008.

Il tavolo dei relatori

Patrizia Borgarello
Assessore all’Istruzione del comune di Santena
Ringrazio tutti voi che avete partecipato. Sono contenta che tutte le sedie siano occupate, perché èffettivamente, come ha anticipato il sindaco, è un momento caldo per la scuola. Mi stupisce anche un po’ perché comunque mai nessun considera la scuola. Gli insegnanti – e parlo come insegnate – sono sempre quelli che fanno poco, che lavorano mezza giornata. Dopo di che, quando c’è una riforma – giusta o sbagliata, questi sono punti di vista politici – tutti si interessano di scuola, va beh. Ringrazio il sindaco che ha parlato. Oltre a ringraziare tutti voi che siete presenti vorrei spiegare perché ho voluto questo incontro. Ci sono stati tantissimi consigli comunali aperti, dove però effettivamente io non ho visto né contraddittori né ho sentite proposte. Ho solo sentito dei no, a tutto. Un attacco incredibile a quello che è il governo. Ripeto, mi va bene, io sono da una parte politica e molti altri sono da un’altra. Credo però che ci vada un contraddittorio. E’ inutile continuare a dire no su tutto, quando non c’è una propria alternativa. Questa sera ho invitato, oltre a me, assessore all’Istruzione, il sindaco, l’on Elena Maccanti, unica rappresentante del Piemonte in Commissione Cultura alla Camera, l’assessore D’Ottavio, che non è di sicuro dalla nostra parte politica, che è anche assessore all’Istruzione della Provincia, Giuliana Testori, direttrice scolastica dell’Istituto comprensivo, Roberto Gonterno, che rappresenta le scuole cattoliche. Ho chiesto a ognuno di dire quello che pensa, indipendente dalla linea e dal loro pensiero politico. Questo è il motivo per cui ho voluto questa cosa.
Cercherò di essere breve. Saremo anche contenti di avere delle domande. Vedo tantissimi insegnanti, giovani universitari e anche la rappresentanza della scuola cattolica. E quindi credo che veramente siamo tutti rappresentanti, manca la Regione, ma ci sarà anche uno spunto su quello che la Regione sta facendo. Dicevo voglio un contraddittorio perché penso che dobbiamo costruire e non sempre distruggere, a volte mi sento l’assessore alla Distruzione.
La cosa che mi ha fatto male è che, per anni, la scuola nessuno sapeva che esistessimo, né la destra né la sinistra. Poi ha cominciato la riforma Moratti, del vecchio governo, poi ha continuato Fioroni e sta continuando ora la Gelmini. Ripeto, ci vuole una riforma. Io non penso che fra i colleghi insegnanti possiate dire che la scuola funziona come sta andando avanti ora. Sfido chiunque a rispondere di sì. E questa è la prima analisi che faccio.
Aperti al dialogo. Certo, ognuno può dare il suo pensiero. Ci sono preoccupazioni per la riforma Gelmini, soprattutto le nuove leve, di cui io faccio parte per tutto il precariato vissuto. Capisco la preoccupazione di un docente entrato in ruolo da poco. Ci sono docenti che non hanno mai fatto un corso di formazione. Ma ci sono docenti che sono comunque preparati, che hanno fatto corsi di formazione e si aggiornano. Ci sono persone laureate da venti anni che lavorano nella scuola. Ci sono persone che hanno fatto le magistrali quando io forse dovevo ancora nascere e sono rimasti a questo livello. Questa è la realtà scuola italiana per la scuola primaria. Ovviamente ci sono laureati che insegnano nella scuola secondaria di primo e secondo grado che non sanno mettere insieme un verbo o una frase con significato. Ma ci sono docenti che sono effettivamente in gamba e sono l’eccellenza della scuola. Questo è importante valutarlo. Ripeto, non credo che ci sia qualcuno che lavora nella scuola e possa dire che così funziona. Come non si può dire che funziona l’università. Noi in Italia abbiamo meno laureati del Cile; abbiamo facoltà universitarie con 15 iscritti e facoltà con un iscritto, anzi, scusate, abbiamo corsi di laurea con un iscritto. Queste sono situazioni che devono terminare. Questa non è una realtà che si inventa il ministro Gelmini. Sono realtà da affrontare. Sicuramente un’altra cosa sulla quale noi docenti, ma tutta quanta la società civile dovrebbe riflettere, è che abbiamo degli stipendi fa fame. Allora io faccio una domanda. Da quando sono nella scuola io non ho sentito uno del sindacato, destra, sinistra o centro, che abbia avuto un’idea o che abbia portato avanti al richiesta di aumentare lo stipendio ai docenti. Se qualcuno l’ha sentito ditemelo perché sono contenta, mi sarà sfuggito. Tuteliamo gli insegnanti con uno stipendio da fame. Tu vai a lavorare a scuola ma se non hai un marito o una moglie non arrivi a fine mese, a differenza di una Europa, dove mi risulta 40mila euro al mese, no scusate, all’anno, a differenza dei 27mila euro lordi di un docente italiano. 27mila euro lordi non è lo stipendio di chi crea la classe dirigente e i cittadini del futuro. Mi chiedo perché nessuno ha mai difeso questa cosa; la Gelmini propone il 30 per cento del risparmio in investimenti per la formazione e per gli aumenti di stipendio. Certo qualcuno dirà vedremo se questo lo facciamo. Ma qui se non facciamo niente non cambierà mai nulla. Ad oggi c’è la prova che questo sinora non è stato fatto. Gli stipendi di insegnanti con 25 anni di insegnamento prenderanno forse 200 euro in più dei nuovi, appena messi in ruolo. Io onestamente come docente non è che sono così fiera della mia situazione. Se veramente credete in quello in cui stanno attualmente manifestando il Centrosinistra soprattutto, ma dove eravate sino a sei mesi fa? Dove era il centrosinistra e dove era il sindacato? Questo me lo chiedo e faccio una domanda, anche provocatoria, per l’onorevole e l’assessore D’Ottavio. Questa è una delle cose secondo me importanti.
Ci sono delle realtà scolastiche che sono diverse. Certo il Comune che io rappresento ha grandi spese a livello di scuola. Anche se molti dicono non investite nulla, non è proprio così. Comunque a Santena circa un milione di euro l’anno viene speso. Abbiamo comunque portato avanti l’accordo con la scuola cattolica, con un finanziamento di 180mile euro l’anno; è una scuola che accoglie 178 bambini. Allora se questa cosa ad esempio non andasse bene al cittadino, voi mi dovete spiegare perché sono arrivate 180 richieste alla scuola cattolica e 146 richiesta nella scuola pubblica. Siamo quasi pari tra la scuola pubblica e quella privata. Questo è un servizio che il comune da, perché altrimenti 176 bambini sarebbero a casa.
(ndr dalla sala si alza un brusio di disappunto sulle affermazioni)
Questo è il discorso del Comune… per il discorso delle leggi lascerò l’on Maccanti. Allora, dicevo, poi farete delle domande e faremo il dibattito. I genitori che fanno domanda nella scuola cattolica sono più o meno gli stessi che fanno domanda nella scuola pubblica. Quindi se non gli interessasse non farebbero richiesta e ci sarebbero tante di più domande alla pubblica, rispetto alla San Giuseppe, credo.
Ho alcune domande provocatorie ai presenti e relatori. Siamo daccordo che chi lavora, e lavora sodo, sia pagato uguale a chi non lavora o lavora poco o che è molto spesso a casa? Se fosse in azienda privata anche tutta sta pubblicità che sta facendo la sinistra… Io chiedo questo ai miei colleghi insegnanti e ai cittadini di Santena. Se leggete i giornali vedete che ogni giorno le ditte private lasciano a casa i dipendenti; il pubblico non può lasciare a casa nessuno. Ma perché il pubblico non può mai lasciare a casa nessuno? Questa non è giustizia sociale. Qualcuno diceva il giusto lo vuole per tutti, l’egoista per se stesso; per andare tutto bene basta che vada bene a me. Non è che la gente che non lavora nel privato non rischia ogni giorno di stare a casa perché l’azienda chiude. Se le spese sono troppe e il denaro non c’è più e si vede che la scuola non funziona bisognerà tagliare, sicuramente farà dispiacere. E lo dice una che sarà la prima a stare a casa con i tagli, perché ho pochi anni di ruolo. Ma è una questione di giustizia; se mai sarà licenziato qualcuno non sarà chi ha venti anni di ruolo e non saranno certo gli ultimi arrivati.
Ma questo nel privato è normale. Quanta gente ha perso il lavoro dopo venti anni di lavoro. Vorrei avere risposte perché questo lo Stato non lo può o non lo deve fare? E chiudo dicendo c’è un discorso di precari, io mi auguro, sì anche io ho vissuto il precariato, che ci sia la possibilità di sistemare le cose. C’è gente che è precaria da venti anni. Anche su questo potremo stendere delle parentesi, perché uno Stato che funziona non laurea 10mila persone quando ne servono 20mila: facciamo le Facoltà a numero chiuso.
Le graduatorie, sono un altro problema, non indifferente. Io spero vivamente che la proposta della Lega, di fare graduatorie regionali, passi e arrivi a dare la possibilità alla gente che vive sul territorio di lavorare a casa sua. Il precariato di molti di noi c’è perché arrivano dal Sud persone con tanti punti e noi siamo sempre al posto di prima. Ci sono scuole che pagano anche quattro insegnanti sulla stessa classe perché la gente va in maternità, altri sono malati, altri hanno problema di figli e vanno a casa: e qui noi paghiamo: E’ come diceva Totò “E io pago!”.
Un’ultima analisi. Non è che i soldi che noi stiamo sperperando per la scuola vengono dalle tasche della Gelmini, sono nostri, sono nostri, soprattutto dei dipendenti e ogni mese ci grattano un sacco di soldi sulle tasse. E chiudo dicendo questo, una ultima cosa sul discorso delle classi ponti o cosiddetti corsi: tutto questo fumo che la sinistra sta facendo non è nulla altro che quello che tantissime scuole stanno già facendo. Ci sono bambini che non parlano italiano e vengono seguiti da insegnanti al di fuori della classe. Per cui io tutto questo panico non l’ho capito. Santena è una isola felice, dove abbiamo settanta extracomunitari, sparsi tra la materna, la primaria, la secondaria. Però ci sono zone di Torino dove le classi hanno venti stranieri e quattro italiani. E allora io vi chiedo: quali sono gli extracomunitari dei due? Ma io sfido chiunque dei presenti ad avere suo figlio o sua figlia in una classe con tutti i bambini stranieri e ad esserne felici. Qualcuno ci sarà ma non ci credo che lo siano tutti. E non per razzismo e non per cattiveria, ma se io sono casa mia vorrei avere la mia cultura, la mia abitudine e il cibo che mangio a casa mia. Chi vive a Porta Palazzo o a San Salvario a Torino non ha la realtà che ha Santena e non è semplice per i genitori vivere questa situazione.

Umberto D’Ottavio
Assessore all’Istruzione della Provincia di Torino

Di fronte a certe affermazioni sarebbe meglio avere dati certi, se no, sembra quasi di stare al bar. Quando si dice, ci sono corsi di laurea con un iscritto, ditemi dove sono, altrimenti io non capisco se stiamo dicendo una fantasia o la verità. Se alla facoltà di Chimica ci fosse un solo iscritto il problema non è dell’iscritto ma è che noi non abbiamo capito niente; gli iscritti alla facoltà di Chimica ci devono essere e d è bene che si siano. Faccio questo esempio anche se non voglio parlare di Roma, anche se in questo caso un po’ ladrona è questa Roma. Ma restiamo in provincia di Torino, dove ogni anno si diplomano 19 periti chimici all’anno. L’istituto Casale, per periti chimici sono ormai 5 anni che fa una sola quinta. Se ne diplomano 19, di questi 10 vanno all’università, provano ad andare all’università; gli altri nove sono prenotati dalle aziende sin dalla quarta superiore.
Noi con le unioni industriali abbiamo fatto un accordo. Intanto abbiamo chiesto qual è il fabbisogno dei periti chimici; loro dicono, tranquillamente che la nostra realtà provinciale potrebbe assumere tra le 60 e le 80 persone l’anno. Abbiamo cominciato una campagna di sensibilizzazione verso i ragazzi perché scegliessero il perito chimico. C’è anche da chiedersi perché i ragazzi non vanno al corso di perito chimico e invece scelgono il liceo, che non da competenze professionali. Io devo dire che è proprio vero che nel nostro Paese si è diffusa una cultura per cui il lavoro del perito chimico è un po’, forse puzzolente, forse non è così bello… In una riunione ho provato sono partito dalla constatazione che oggi vanno per la maggiore molti serial televisivi con poliziotti e carabinieri, dove pullulano i Ris. Si tratta di trasmissioni che in ogni puntata riescono sempre a risolvere il caso e a trovare il colpevole. Ho detto ai ragazzi guardate che quelli lì prima di essere carabinieri sono periti chimici, se non si è diplomati in chimica o laureati in chimica non si può andare nei Ris. È chiaro che se tu fai le fiction dove la tua collega dei carabinieri è Manuela Arcuri, uno pensa che il futuro sia quello di fare il carabiniere, per cui non vale neanche la pena di studiare. Questi sono i messaggi che oggi passano.
Devo dire che se c’è una facoltà ha cinque iscritti e invece di quel tipo di laureati nel nostro paese noi ne abbiamo un gran bisogno, occorre fare di più. Io dico che il nostro territorio patisce moltissimo della carenza di istruzione tecnica e scientifica. Noi abbiamo troppi iscritti a scienze della comunicazione e pochissimi che vanno a fare le facoltà scientifiche. La Provincia ha fatto una campagna di sensibilizzazione questo e devo dire che a Torino in pochi anni gli iscritti alle facoltà scientifiche, intese come matematica e fisica ecc. sono aumentate del 35 per cento, in numeri assoluti si è passati da 70 a 95 studenti. E’ poco ma è stato un segnale in grande controtendenza rispetto al resto del Paese. dove invece le facoltà scientifiche sono in difficoltà o stanno chiudendo. Noi a Torino abbiamo una realtà fortissima che è il politecnico, che sta crescendo. Quest’anno è cominciato il primo corso interamente in inglese riservato a cinesi ed indiani. La mia preoccupazione più grossa è degli studenti che arrivano dal sud, arrivano specialmente da Sicilia, Calabria e Puglia, vengono a fare ingegneria a Torino. Il guaio è che poi gli ingegneri non tornano più giù perché qui trovano la fidanzata e il lavoro E’ stato appena firmato un accordo con la Regione Puglia che finanzia le borse di studio per i ragazzi che devono però impegnarsi a tornare giù alla fine degli studi. E’ indispensabile che tornino giù, se no le differenze nel nostro Paese aumentano sempre più.
Stando al tema che avete dato questa sera, noi siamo una realtà dove la tecnologia e lo sviluppo scientifico sono fondamentali per la qualità della vita del nostro territorio. Se il territorio perde in competenze scientifiche e tecniche, perderà anche in competizione. Dico questo per dire che quando si generalizza non va bene. Noi non possiamo dire che la scuola non deve contribuire al risanamento della finanza pubblica, ci mancherebbe. Io dico solo che gli 8 miliardi di taglio sono stati calcolati a giugno e se poi la situazione economica peggiorerà mi chiedo che cosa si farà.
Evidentemente però non sono daccordo con Borgarello; mi permetto di dire che un insegnante però vale almeno come un dipendente dell’Alitalia. Perché se abbiamo salvato tutti i posti di lavoro all’Alitalia dobbiamo anche pensare che il posto di lavoro di un insegnante non vale di meno.
(ndr: dal pubblico arrivano applausi)
Prima si diceva licenziare un dipendente privato va bene mentre licenziare un dipendente pubblico è peccato. Io sono assolutamente convinto che non verrà licenziato nessuno; nel senso che è sufficiente non sostituire tutti quelli che andranno in pensione e non riconfermare il contratto annuale ai precari. Nella nostra scuola, rispetto al personale, già oggi cominciano a esserci dei problemi. Quindi alla dicitura non si licenzia nessuno, l’espressione è corretta. E’ vero che con il contrattista annuale non avevo l’impegno dell’assunzione per tutta la vita ma quello sinora mi ha salvato la classe. Dico ciò perché in molti istituti questo anno non abbiamo trovato docenti in matematica e scienze. Un ingegnere o un laureato qualificato non va a insegnare per 1.200 euro al mese se trova un lavoro da 2-3mila euro. E se io non trovo un insegnante di matematica o quelli che ci sono bravi trovano altre opportunità, noi la scuola la dequalifichiamo.
Detto questo vorrei ancora parlare della Provincia di Torino. Secondo me dobbiamo avere orgoglio anche del lavoro che facciamo Per esempio a me sembra molto importante il dato che davate voi, praticamente tra scuola pubblica e scuola cattolica sostanzialmente tutti i bambini di Santena hanno un servizio, o quasi tutti. Santena, tendenzialmente, potrebbe scrivere un cartello con sopra riportato “la città dove tutti i bambini hanno il servizio scuola”. Guardate che non è così in tutta Italia. Quando si fa un atto occorre capire cosa vuol dire. Io devo dire che nel nostro Paese ci sono molte cose da cambiare. Però posso dire che la scuola materna e la scuola elementare, siccome sono considerate da tutte le statistiche le migliori del mondo, che bisogno c’era di cambiare?
(ndr: applausi)
I dati Ocse Pisa prendono i ragazzi di 15 anni e li confrontano con i diversi Paesi e noi siamo al 27 posto su 30. Quindi, come dire, la scuola superiore decisamente va cambiata. Io devo dire però che andrebbe cambiata a Torino come a Napoli, a Torino come Milano. Dobbiamo fare delle valutazioni perché oggi la realtà scuola nel sistema Paese è molto diversa. Le indicazione del decreto ci dicono che entro il 30 di novembre i Comuni, le Province e le Regioni dovranno produrre il risparmio. Cerchiamo di essere chiari, anche Santena dovrà produrre risparmio. Io sono però convinto che per noi dire che si deve cominciare adesso non va bene perché noi abbiamo cominciato già dieci anni fa a risparmiare. Nel 1998 il Piemonte aveva 950 autonomie scolastiche, ora ne ha 670. La Calabria nel 1998 ne aveva 640 adesso ne ha 630. Con questi dati mi chiedo dove è che bisogna tagliare. Occorre tagliare ma andando nel merito. Uno dei pregi del decreto, compreso il documento programmatico, è di essere chiaro: ci sono scritti quanti posti si dovranno ridurre. La riduzione avverrà in tre modi. Riduzione del personale e in Piemonte si taglia solo di 6000 unità. Verrà deciso anche l’aumento del numero dei bambini per classe; un aumento, in tre anni, dello 0,5. E io spero che il governo non esageri anche nel modificare le norme di sicurezza. E il terzo taglio avverrà con la chiusura delle scuole. Dovete sapere che io sono daccordo con questo. Noi dobbiamo assolutamente chiudere le scuole inutili. Però occorre decidere quali sono quelle inutili. Io in precedenza ho fatto il sindaco e, a Collegno, anni fa, ho fatto il primo taglio, passando da sei a tre circoli. Oggi, per esempio, in Provincia di Torino ci sono 225 scuole con meno di 50 alunni; la legge dice che dobbiamo progressivamente chiuderle. Noi, per il momento, diciamo che servono tutte perché io non mi sento di dire che si possono chiudere là dove sono già le uniche presenti in un Comune.
Secondo me dopo le polemiche e anche un poco di forzature ora converrebbe aprire una fase dove si ragiona sulle cose. E il ragionamento, il punto di partenza è che la scuola deve contribuire al risparmio che c’è bisogno di fare in tutto il Paese. Valutiamo quanto è il risparmio. Però non possono decidere a Roma il risparmio che c’è da fare a Torino. Devono però lasciarci il tempo di ragionare senza imporci decisioni dall’alto; in realtà ce lo stanno imponendo. Tra l’altro lo stesso assessore all’Istruzione della Lombardia, regione guidata dal Centrodestra, ha detto alla Gelmini che è la prima volta che si fa un provvedimento sulla scuola con un decreto legge; e questo non va bene. Noi abbiamo bisogno di discutere.
(ndr applausi)
Le associazioni dei Comuni, delle Province e delle Regioni, hanno detto che ci sono dei problemi. Noi come associazioni delle Province abbiamo chiesto il rinvio di un anno di questo provvedimento. Anche perché nel 2009 si parla solo di un risparmio di 480 milioni sugli otto miliardi. Chiediamo di aprire una fase di discussione in cui si da mandato all’assessore provinciale, che deve predisporre il piano di ridimensionamento provinciale, di verificare il risparmio che si può fare. La cosa che per noi non è possibile accettare è che in una logica anche di responsabilità e di sviluppo del federalismo venga imposta da Roma una soluzione, senza valorizzare le esperienze locali che, in alcune realtà come la nostra, sono esperienze assolutamente virtuose. Come fa un governo con la Lega presente a fare operazione così centralistiche? Io, anche per evitare questo, in Parlamento ci metterei solo persone che hanno prima amministrato dei Comuni, perché almeno sanno di cosa si parla,
Va anche detto chiaro ai cittadini di Santena che non si chiuderà nessuna scuola. Certo è che quello che si è detto e sentito in televisione ha preoccupato tutti. Si usano degli slogan che sono pesanti. E anche sul tema degli stranieri non si conoscono bene le cose. Da molto tempo si fanno già corsi di integrazione, per cui se qualche straniero ha bisogno di ulteriori rinforzi lo si farà. Anche qui, per come è stata presentata la vicenda, diciamo dai giornali, è stata strumentalizzata, sembrava di rifare le classi differenziali e questo non è accettabile, anche perché noi, invece, abbiamo bisogno di sempre maggiore integrazione.
I giovani stranieri non sono buoni solo quando devono lavorare, devono esserlo anche quando chiedono il diritto alla scuola. Teniamo anche presente che oggi, per molte professioni, gli stranieri giocano un ruolo fondamentale. Io, a fine di ogni anno scolastico, vado sempre a premiare i tornitori; il 90% di chi frequenta questi corsi è straniero. E se non ci fossero loro le nostre aziende sarebbe in crisi. Noi dobbiamo metterci in testa che la ricchezza di un Paese, il Pil di un Paese è direttamente proporzionale al livello di istruzione dei cittadini. Che tu voglia fare il cuoco, lo scienziato o anche il cameriere, devi essere istruito. Un cittadino oggi qualunque lavoro faccia deve avere un livello medio di cultura che è di molto superiore rispetto a quello di 40 anni fa. E quindi abbiamo bisogno di più istruzione in questo Paese. Per cui, cerchiamo di difendere la scuola; se noi non investiamo in istruzione rischiamo di avere una generazione di ignoranti. Oggi i nostri giovani si devono confrontare con il resto del mondo. Per mantenere la qualità della vita e per reggere la competizione abbiamo bisogno di giovani istruiti.

Elena Maccanti
Componente Commissione Cultura alla Camera

Sono contenta che D’Ottavio non abbia utilizzato le strumentalizzazioni che sono state utilizzate dal centrosinistra in questi giorni. Questa sera io ero contenta di fare un po’ di informazione. Io ho parlato con tante persone e ho davvero sentito tante famiglie, ma anche tanti insegnati, appassionati, che sono veramente spaventati di quello che può accadere perché l’informazione è stata in un certo senso pilotata. Per esempio molti di voi avranno sentito dire che chiuderanno le scuole di montagna; invece non chiuderanno le scuole di montagna del Piemonte. E io vi invito davvero a trovarsi tutti qui e vi do appuntamento tra un anno, per capire che cosa sarà cambiato, per valutare e, soprattutto, per vedere chi questa sera vi ha detto la verità.
Certo dei ridimensionamenti vanno fatti. Quello che il governo intende fare è per rispettare un dpr di oltre dieci anni – i comuni, gli enti locali hanno avuto 10 anni di tempo per adeguarsi – è quello semplicemente di accorpare burocraticamente quegli istituti che non raggiungono il numero previsto da questo dpr, cioè tra 500 e 900 alunni, con delle deroghe specifiche per le scuole di montagna e le piccole isole. Abbiamo anche sentito parlare della scuola materna che non verrà toccata dalla riforma. Qualcuno si è impensierito del fatto che nel piano programmatico ci sia scritto per esempio che le scuole materne potranno svolgere orario anche solo in fascia antimeridiana, utilizzando anche un solo insegnante. Anche qui io voglio chiarire; qui si tratta di realtà geografiche diverse. Le scuole materne del Piemonte, le scuole materne dove oggi c’è l’orario anche pomeridiano non verranno toccate. Quello che verrà toccato sono le materne di altre Regioni nel Paese, dove a fronte di un orario solo antimeridiano continuano ad esserci due insegnati. Allora è per questo che si legge nel piano programmatico che la materna potrà funzionare anche solo in orario antimeridiano e, ovviamente, a quel punto con un solo insegnante.
Poi mi fa particolarmente piacere che D’Ottavio non abbia utilizzato un’altra demagogia.
(ndr e D’Ottavio sbotta: “Ma se le dici tutte tu che senso ha?”)
No, perché le famiglie sono preoccupate da quello che voi da mesi andate a dire, e meno male che rispetto a certe dichiarazioni state fortunatamente ritornando indietro, dopo un mese e mezzo che avete spaventato le famiglie. Voi avete detto che verrà cancellato il tempo pieno. Voi sapete che il tempo pieno rappresenta a soltanto il 25 % di quello che è la nostra scuola primaria ed è concentrato per lo più nel Nord del Paese. Ci sono regioni come Piemonte e Lombardia dove il tempo pieno è il 44, 45% e sfiora il 50%. In queste regioni dove il tempo pieno è già attivato e, badate, questo lo vedrete nei regolamenti in via di attuazione, perché D’Ottavio ha ragione, Roma è una brutta bestia, ci sono centinaia di documenti e noi siamo ancora in attesa di votare il piano programmatico, ma soprattutto dei benedetti regolamenti attuativi del decreto Gelmini. Il tempo pieno verrà confermato e il servizio verrà dato alle famiglie con due insegnanti, esattamente come è adesso.
Per quanto riguarda invece le 24 ore potranno essere affidate delle classi a 24 ore, ma saranno le famiglie a scegliere. E anche qui vi rivolgo un invito, troviamoci tra un anno, vediamo se quello che avrò detto… Perché io mi sono ritrovata in molti dibattiti in cui c’era un pregiudizio. Ad esempio, lunedì scorso, sono andata a Grugliasco, dove la platea era certamente meno educata. Io vi ringrazio molto perché vi vedo attenti e vi vedo partecipati. Poi magari verranno fuori anche delle domande. Ma noi organizziamo questi incontri per confrontarci. Qui state facendo parlare le persone, sia quelle che dicono le cose che voi volete sentire e sono in linea con le vostre posizioni politiche, sia quelle che non sono in linea. Ed è così che dovrebbe svolgersi un dibattito organizzato da un comune che vuole dare veramente delle informazioni alle persone. Perché io purtroppo mi sono ritrovata in situazioni dove non ci si poteva parlare e io invece ritengo che da questo punto di vista occorre fare davvero chiarezza.
Fatemi dire anche due cose sulla strumentalizzazione. Oggi vediamo centinaia di migliaia di giovani che scendono in piazza. Io credo che la piazza sia un grande esercizio di democrazia. Però quando si scende in piazza bisogna avere dei contenuti e allora quando scendono in piazza i ragazzi delle scuole superiori che non vengono toccati né dal decreto Gelmini e neanche dal 112, ma semplicemente si attua una riforma Moratti con le modifiche previste dal ministro Fiorioni che si sapeva sarebbe entrata in vigore nel 209-2010… Io non mi domando perché scioperano, sono andata al liceo anche io e tante volte invece che entrare in classe sono andata a fare altro. Non deve stupirci se in tv i ragazzi non sanno cosa dire rispetto alla protesta, perché in realtà non hanno nulla da dire e lì mi rendo conto che la polemica è davvero strumentale. Prima di fasciarsi la testa analizziamo i documenti.
Veniamo al maestro unico. Veniamo anche al decreto Gelmini, che noi abbiamo, seppur dialetticamente, perché poi queste cose vanno dette, noi della Lega non abbiamo condiviso proprio tutto. E io l’ho già annunciato; io il parere al piano – e lo dico qua davanti ad un po’ di persone – io non lo voto se comunque non avrò garanzie scritte, e scritte meglio di questo piano programmatico, per quanto riguarda il tempo pieno e la chiusura delle scuole di montagna. Io il parere …ho già detto che mi alzo e non lo voto, se il parere non sarà condizionato da queste due cose. Perché vedete, il fatto di venire qua a difendere una riforma non significa che a Roma noi non stiamo facendo battaglia per difendere soprattutto la nostra gente. Io sono un parlamentare del Nord, eletto in Piemonte e in questo momento il mio dovere è difendere gli interessi del Piemonte, dove il tempo pieno c’è e funziona e noi abbiamo il 52 per cento di Comuni situati in montagna dove le piccole scuole fanno un servizio importante per la collettività. Quindi non posso qui dire che noi abbiamo condiviso tutto.
Ma il decreto Gelmini introduce lo studio della cittadinanza, della Costituzione; noi abbiamo chiesto egli statuti regionali, perché comunque ci vuole un’attenzione dei nostri giovani anche alle istituzioni che sono loro più vicine e poi, grazie al federalismo, che è la ragione per cui noi siamo a Roma, certamente la regione diventerà davvero il centro dell’attività politica amministrativa.
Si reintroduce il voto di condotta. E io spero che tutti possiamo essere d’accordo. Il voto dice semplicemente che anche i giovani devono capire che esistono delle regole che vanno rispettate, a scuola come vanno rispettate nella vita. Sì non sarà l’unica soluzione rispetto al problema del bullismo. Oggi i giornali li leggiamo, ci sono insegnati schiaffeggiati dagli allievi. A Novara un prof è stato schiaffeggiato e lui se ne andato dopo che in tv ha detto che per lui quello era un fallimento se ne è andato lui, è assurdo. Io lo ripeto non è la panacea per tutti i mali il voto di condotta, però è un modo per dire ragazzi, attenzione, qui siamo in una società che ha delle regole. E poi anche il ritorno ai voti numerici: è un metodo per restituire della chiarezza rispetto ai giudizi fumosi. Chiarezza agli allievi ma anche chiarezza ai genitori, insomma un 4 è un 4, un 5 è un 5 e un 7 è un 7.
Così come, anche se nessuno lo dice, il decreto Gelmini, grazie alla Lega, introduce anche delle misure per limitare i costi dei libri di testo e stabilisce che i libri non è che possano cambiare ogni anno, magari variando una sola appendice, costringendo le famiglie ogni anno a ricomprare tutti i libri. Io credo che anche questo sia una risposta a delle esigenze reali.
E veniamo al maestro unico, io ho parlato con tante insegnanti e ho visto davvero tanta preoccupazione, non da tutti strumentalizzata, una preoccupazione che è appassionata, io ho visto passione da parte degli insegnanti. E anche da questo punto di vista, devo dire, io sono convinta. Io sono cresciuta con il maestro unico. Intanto iniziamo con il dire che il maestro unico non sarà solo; io credo che anche la sinistra l’abbia capito nonostante la demagogia che ha fatto. Perché l’insegnante unico sarà affiancato dall’insegnante di inglese, di educazione fisica, dall’insegnante di informatica.
Ripeto, D’Ottavio, troviamoci a inizio anno 2009 e 2010 perché se continuiamo che io dico delle cose e tu in sottofondo, dici che non è vero non va bene. Perché dite che anche gli insegnati di sostegno saranno cancellati, non è così, non saranno cancellati anzi, se possibile, verranno aumentati.
E non voglio fare polemica perché non c’è bisogno di questo, in questo momento. C’è bisogno di una riapertura del dialogo. Io sono molto preoccupata perché la scuola sta diventando un pericolosissimo terreno di scontro ideologico, dove forse noi stiamo anche perdendo la bussola. Io sono molto preoccupata e mi auguro che la sinistra cessi di fomentare anche certi animi. E devo dire che, un pochino, sono rimasta delusa dall’atteggiamento, non di tutti, ma di alcuni docenti, e non mi riferisco a nessuno presente in sala. Mi riferisco a quanto accaduto a Collegno, dove gli insegnanti, il primo giorno di scuola, accoglievano i bambini con la fascia di lutto al braccio. Ma buon dio, non è così. Ma si tratta del primo giorno di scuola dei nostri bambini?
(ndr D’ottavio sbotta: “Maccanti, avevi detto che non facevi polemica. Stai polemizzando sin dall’inizio del tuo intervento. Basta”. La sala rumoreggia, la claque leghista si scalda. D’Ottavio continua: “Maccanti, chiudiamo la polemica; è una serata bellissima, non dire cose che non conosci”.)
Allora io concludo qui il mio intervento riservandomi nella seconda parte di rispondere a tutte le domande.

Giuliana Testori
Dirigente scolastico dell’Istituto comprensivo di Santena

È chiaro che intervenire in questo istante è perlomeno problematico. Allora io vorrei fare uno sforzo e riportare questa – che sta diventando, ma non poteva che così, una discussione a livello politico – di nuovo sulla scuola.
Allora. Primo. Non è vero assolutamente che la scuola non interessa nessuno e non ha mai interessato nessuno; ha sempre interessato perlomeno gli addetti ai lavori, più o meno, ma io direi più. In secondo luogo tutta una serie di associazione sulla scuola che hanno fatto degli studi approfonditi e serissimi ma non sono stati mai presi in considerazione.
Tanto per cominciare Ocse Pisa. Allora, nel 2006 l’Italia si è scoperta un Paese ignorante, peccato che nel 2003, e io questo lo seguito dall’inizio, l’Italia aveva risultati migliori ma di poco, nel 2000 altrettanto. E’ stata una discesa continua. Gli altri Stati. Quando si è allargata l’Europa – questa è una ricerca voluta dall’Ocse, organismo per la cooperazione europea – si sono allarmanti, in Svizzera hanno rivisto gli ordinamenti. In Italia i nostri politici, e io vorrei qui fare un inciso – qui non facciamo destra o sinistra, se vogliamo parlare di scuola, facciamo giusto o sbagliato. Perché veramente altrimenti non andiamo da nessuna parte.
(ndr applausi)
La svizzera ha rivisto i suoi ordinamenti, la Francia anche e la Germania pure. Poi si sono aggiunti altri Paesi, nel 2006 sono entrati 41 paesi, tutti paesi extracomunitari, bene signori miei sono i migliori; la Corea per esempio. E anche qui, di nuovo, l’analisi, quella italiana, va letta in maniera territoriale: nord-est, nord-ovest con dati superiori all’Osce; Centro quasi al livello; isole in basso. Allora c’è qualcosa che non funziona. Io però non la metterei come fa la Lega. Il nostro sud è Italia…
(ndr applausi)
O davvero diamo un taglio, oppure dobbiamo farcene carico e in maniera seria.
(ndr rumoreggia la claque leghista)
Ma la classe politica che ci governa ha delle responsabilità, è eletta da tutti gli italiani. Dunque ci sono questi distinguo da fare rispetto alle analisi della situazione della scuola, di una situazione così fallimentare. Allora, assessore all’Istruzione la scuola primaria e la scuola di infanzia sono un fiore all’occhiello. E’ verissimo, tutte le ricerche portano a questi risultati. La scuola dell’infanzia è presa ad esempio internazionale, mentre la scuola primaria è la quinta. Poi, improvvisamente, abbiamo un crollo del rendimento della nostra popolazione scolastica. Ma da quando la scuola superiore e i licei sono stati istituiti non è cambiato nulla. La scuola primaria è stata riformata tre volte; la scuola secondaria e di primo grado, due volte; la scuola superiore mai. Questo è il significato e questo lo sanno tutti i decisori politici. Forse l’esame della riforma va fatto in maniera più ad ampio raggio e magari in questo momento quello che non si accetta e non si riesce a comprendere è perché si vada a toccare una scuola primaria che invece da buoni risultati per come funziona.
Poi gli sprechi è un altro discorso. Perché io sono assolutamente convinta che sia necessario tagliare, ma di nuovo, con una responsabilità politica enorme. Sono dieci anni che c’è la legge sul dimensionamento, sono dieci anni che si doveva intervenire. Perché non si è intervenuto? Ma di nuovo, destra e sinistra, destra e sinistra. Perché lo Stato ha gli strumenti per intervenire sul dimensionamento. Se le Regioni non intervengono, la legge 112 del 1998 dice che lo Stato ha gli strumenti per indicare i criteri di dimensionamento e se adesso viene minacciato il commissario ad acta per dimensionare, vuol dire che lo Stato ha lo strumento per farlo. Perché non l’ha mai fatto prima? Lo stato prevede che se le Regioni, entro il 30 novembre 2008, non presenteranno un piano di ridimensionamento, potranno avere dei commissari ad acta che faranno questo piano.
Naturalmente in questo momento, è vero, ci sono molte informazioni non complete. Non tutti riescono a individuare, perché non è facile anche cercare i documenti; non è così facile trovarli e molte volte le informazioni non sono complete. È altrettanto vero che, per esempio, se vogliamo parlare di docenti e di primaria, il decreto parla di maestro unico Poi ci sono gli aggiustamenti verbali; ci sono gli incontri coi sindacati, ma intanto queste sono tutte notizie non articolate, non comprensibili dalle persone comuni. Sono notizie per specialisti. Perché, in effetti, per riuscire a capire cosa sta succedendo occorre prendere più documenti e confrontarli e verificare. Di certo il maestro unico, o meglio il maestro che lavorerà nel tempo pieno, come maestro prevalente, sarà poi aiutato nello svolgimento delle 40 ore settimanali del tempo pieno, ma non è il tempo pieno. Perché il tempo pieno è una altra cosa e noi, appunto, che ne abbiamo il 40 per cento al Nord, contro il 2,5 al Sud. E di nuovo potrei fare polemica, perché allora si è concesso la modularizzazione su cinque giorni la settimana in orario anti-meridiano? Quello si che è uno spreco, non certo il tempo pieno da noi; non certo dove la compresenza è veramente il cuore del tempo pieno.
Voi non capite che la piaga nostra sarà quella di non trovare insegnanti. Sta iniziando un fenomeno molto preoccupante, di cui alcuni studiosi, quelli che erano appassionati alla scuola, già anni fa ne avevano descritto lo sviluppo; che in Italia non ci sarebbero più stati insegnanti. Proprio perché la professione insegnante non è più una professione ambita. Non è riconosciuta socialmente, non è riconosciuta economicamente.
È vero si ha questa etichetta di chi lavora poco. Che non è vero, sindaco; perché io ora le spiego come si è arrivati alle 18, alle 16 e alle 24 ore È una cosa che risale al 1927. Hanno detto, un insegnante dovrebbe lavorare 36 ore, ma non lavora 36 ore. Però un insegnante della scuola superiore, del liceo, fa 16 ore, ma se deve correggere matematica, greco e latino, si calcola 16 + 20 ore per la correzione a casa e fa 36. Un insegnante per la media, fa 18 ore di cattedra, ma ha una serie di attività da preparare fuori, 18 + 18 fa 36. La primaria sono 24 ore, con le 12 per preparare, con questo calcolo si è arrivati a 24, 16 e 18. Perché il lavoro l’insegnante non lo svolge solo a scuola.
(ndr applauso. Si tratta del più lungo della serata)
In Scozia hanno stipendi meravigliosi, ma lavorano 36 ore, di cui 12 in cattedra, e tutto il resto a scuola, dove loro non escono con i quaderni da correggere, ma si fanno 36 ore e li correggono tutti a scuola. Dove hanno tutti gli strumenti necessari; con i computer, fanno le ricerche di dati; la vera ricerca, che è quello che fa progredire la scuola. Loro lavorano per dipartimento. Da noi c’è questo equivoco che l’insegnate lavora poco e allora lo paghiamo poco perché ha due mesi di vacanza, ma i suoi due mesi sono monetizzati negli stipendi. Si prende poco, ma anche lì c’è un calcolo a monte: tu lavori dieci mesi su dodici, io ti pago poco perché il resto te lo do in tempo libero. E questo, di nuovo, è una vera stortura del sistema.
La compresenza era il cuore del tempo pieno; non serve agli insegnanti. Serve ai bambini, per le attività didattiche che non potrebbero essere svolte con il gruppo classe. Berlusconi parla dell’insegnante di informatica, ma dove? Noi non ce l’abbiamo. L’insegnante di motoria nella primaria non ce l’abbiamo. L’insegnante di informatica non ce l’abbiamo, però dobbiamo insegnarla l’informatica, perché sta dentro, dalla riforma Moratti. Noi lavoriamo per gruppi con bambini; non credo che le primarie abbiano più di un laboratorio, magari solo la città di Rivoli, dove, da quest’anno, c’è un computer per ogni bambino. Anche in Portogallo i bambini hanno ognuno un computer.
Le compresenze servono per le attività didattiche che non puoi sicuramente gestire con tutta la classe, una per tutte l’informatica ma anche la psicomotricità per le prime classi, servono per il recupero dei bambini. Servono per il potenziamento delle attività che non puoi fare in classe con 24-26 bambini. Allora due insegnanti, oltre che avere la compresenza temporale, hanno anche spazi fisici diversi nella scuola dove lavorare. Meno compresenze, quindi meno di queste attività. Si riduce il tempo scuola. Io vorrei capire qual è il progetto della riforma; ridurre il tempo scuola significa meno contenuti, meno obiettivi, meno discipline. Se è così ce lo dicano. Perché, per adesso, questo non è ancora stato detto. E allora meno tempo scuola vuole dire che devo essenzializzare e questo significa più lezione frontale, vuol dire più rapporto unidirezionale. Significa che si riduce la possibilità dell’apprendimento. Bene, queste sono ricchezze che il tempo pieno, con la compresenza, ha.
La serata è continuata con una serie di domande da parte del numeroso pubblico, seguite dalle risposte dei relatori.

filippo.tesio@tin.it

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