Una pausa per lo spirito – proposte di riflessione per i giorni dal 5 all’11 gennaio 2014

Santena – 5 gennaio 2014 – Proposte di riflessione, per i giorni dal 5 all’11 gennaio 2014, tratte dalla liturgia del giorno, con commento alle letture domenicali.Domenica 5 gennaio 2014

Affonda le tue radici tra i miei eletti

adorazione_dei_MagiLa sapienza fa il proprio elogio, in Dio trova il proprio vanto, in mezzo al suo popolo proclama la sua gloria. Nell’assemblea dell’Altissimo apre la bocca, dinanzi alle sue schiere proclama la sua gloria, in mezzo al suo popolo viene esaltata, nella santa assemblea viene ammirata, nella moltitudine degli eletti trova la sua lode e tra i benedetti è benedetta, mentre dice: «Allora il creatore dell’universo mi diede un ordine, colui che mi ha creato mi fece piantare la tenda e mi disse: “Fissa la tenda di Giacobbe e prendi eredità in Israele, affonda le tue radici tra i miei eletti”. Prima dei secoli, fin dal principio, egli mi ha creata, per tutta l’eternità non verrò meno. Nella tenda santa davanti a lui ho officiato e così mi sono stabilita in Sion.

Nella città che egli ama mi ha fatto abitare e in Gerusalemme è il mio potere. Ho posto le radici in mezzo a un popolo glorioso, nella porzione del Signore è la mia eredità, nell’assemblea dei santi ho preso dimora».
Sir 24,1-4. 12-16

Ci ha scelti per essere santi e immacolati nella carità

Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà, a lode dello splendore della sua grazia, di cui ci ha gratificati nel Figlio amato.

Perciò anch’io [Paolo], avendo avuto notizia della vostra fede nel Signore Gesù e dell’amore che avete verso tutti i santi, continuamente rendo grazie per voi ricordandovi nelle mie preghiere, affinché il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui; illumini gli occhi del vostro cuore per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi.
Ef 1,3-6. 15-18

Eppure il mondo non lo ha riconosciuto

In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.

Egli era, in principio, presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.

In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l’hanno vinta.

Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.

Era nel mondo
e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto.

Venne fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.

A quanti però lo hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
i quali, non da sangue
né da volere di carne
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.

E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito
che viene dal Padre,
pieno di grazia e di verità.
Gv 1,1-5. 9-14

Dio esce da se stesso per venire incontro agli uomini

La Liturgia di oggi ci immerge nuovamente nel mistero del Natale. È facile per noi dimenticare, essere presi dai ritmi della nostra vita e lasciarci dominare da essi. E forse, in questi giorni, non siamo stati attenti come Maria che, invece, “conservava nel cuore tutto quanto accadeva” attorno a Gesù. Il “clima natalizio”, purtroppo, non sempre aiuta a comprendere e soprattutto a vivere il mistero del Natale. È il mistero che sta all’origine della nostra salvezza, eppure rischiamo di coprirlo sino a renderlo inefficace per la nostra vita e per quella del mondo. Accadde la stessa cosa agli abitanti di Betlemme. Anche oggi il Natale vero può passare senza che la maggioranza se ne sia accorta. Del resto anche allora il Natale non avvenne nel clamore della città, ma nel silenzio. Scrive il libro della Sapienza: “Mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose, e la notte era a metà del suo rapido corso, la tua parola onnipotente dal cielo, dal tuo trono regale, guerriero implacabile, si lanciò in mezzo a quella terra di sterminio, portando, come spada affilata, il tuo decreto irrevocabile” (Sap 18,14-15).
Gesù è venuto nel mondo come ogni bambino, eppure in quella nascita si realizzava la più alta e incredibile realtà: Dio continuava, anzi aumentava il suo amore per noi e per il mondo. Dopo averci amati con la creazione, ci ha amati ancor più radicalmente con la redenzione. È un movimento in discesa, si potrebbe dire, un movimento di totale abbassamento di Dio verso di noi. Egli sembra non trattenere nulla di se stesso pur di starci accanto. È una sorta di viaggio di Dio fuori da se stesso. Quanto la nostra vita cambierebbe se solo un poco comprendessimo tale amore! Il libro della Sapienza e il Vangelo di Giovanni, sebbene con angolature e accenti diversi, descrivono questo misterioso viaggio di Dio che esce da se stesso per venire incontro agli uomini. La Sapienza che “esce dalla bocca dell’Altissimo” e che sostiene ogni cosa prepara il prologo di Giovanni che afferma: “In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio…Tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto”. Nella pienezza dell’eternità di Dio risuona la parola divina, creatrice del mondo e rivelatrice del suo grande amore per gli uomini. È il momento della creazione che possiamo immaginare come la prima tappa di questo viaggio di Dio che esce da se stesso. Tutto il creato respira l’amore del Signore: “I cieli narrano la gloria di Dio e l’opera delle sue mani annunzia il firmamento. Il giorno al giorno ne affida il messaggio e la notte alla notte ne trasmette notizia”, canta il Salmo 19.
Ma il viaggio continua, sembra dire il testo sapienziale. La Sapienza riceve un ordine: “Fissa la tenda in Giacobbe e prendi eredità in Israele… E così mi sono stabilita in Sion. Nella città che egli ama mi ha fatto abitare”. La piccola città di Sion e la modesta nazione di Giacobbe diventano la dimora di Dio sulla terra. L’immagine della tenda, evocatrice del tempio di Gerusalemme, viene usata anche da Giovanni per descrivere l’ultima e la definitiva discesa di Dio in mezzo agli uomini. La Lettera agli Ebrei riassume con efficacia questa compagnia di Dio all’uomo: “Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio” (Eb 1,1-2). Il Verbo che era presso Dio è entrato nella nostra storia, prendendo la nostra stessa “carne”, vivendo i nostri stessi giorni. E ha fatto tutto questo per amarci.
Ma perché questo viaggio di Dio verso di noi? Si potrebbe rispondere che Dio ha una grande ambizione su di noi: ci vuole santi e immacolati. Così del resto ci ha scelti prima ancora della creazione. Scrive Paolo: “(il Padre) in lui (Cristo) ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità”. È una scelta alta, per nulla banale e modesta, che ci precede; è un “prima” assoluto che va al di là di ogni nostro merito. Il Padre, pensando a Gesù, aveva in mente anche noi, perché fossimo come lui “santi e immacolati”. Ma non si tratta semplicemente di una bontà morale, ossia di pensare a uomini e a donne che si comportano in modo corretto e onesto. Paolo descrive un uomo nuovo, una donna nuova, assolutamente diversi dall’uomo vecchio, Adamo, il quale confidava in se stesso e nelle sue forze, tanto da pensare di poter persino fare a meno di Dio. Diventare “santi e immacolati” vuol dire anzitutto “essere figli”, affidarsi a Dio e non a se stessi, vivere di Dio e della sua volontà e non di noi stessi e dei nostri capricci. È diventare figli, appunto, come Gesù. Natale, nel suo significato più vero, significa rinascere, ossia tornare ad essere figli di Dio, a sentirsi profondamente tali. Ma come rinascere quando si è già vecchi, ci chiediamo con Nicodemo? La risposta è semplice: ascoltando il Vangelo! Nella notte di Natale, e in questa domenica, ci è stata aperta la prima pagina del Vangelo, quella della nascita di Gesù. Da questa prima pagina possiamo ripartire; di qui possiamo iniziare a scrivere di nuovo la nostra vita. E cresceremo, giorno dopo giorno, come cresceva il bambino Gesù, se sfoglieremo pagina dopo pagina il piccolo libro del Vangelo, cercando di metterlo in pratica. A Natale il Verbo si è fatto carne. Il Vangelo deve diventare la nostra vita, la nostra carne, in tutti i nostri giorni. Nell’anno che ci sta davanti, di domenica in domenica, il Signore fedelmente ci donerà il Vangelo nella Santa Liturgia. Non abbiamo paura di accoglierlo! Non temiamo! Non ci ruberà la vita, gli affetti, la gioia. Al contrario, il Vangelo dona a chiunque l’accoglie l’amore, la pace e la gioia.
Comunità di Sant’Egidio

L’Assemblea dei Santi

Una sosta meditativa

La seconda domenica dopo Natale si configura come una sosta meditativa, nel contesto di grandi celebrazioni, che inevitabilmente assumono maggior rilievo (Natale, Madre di Dio, Epifania). La figura biblica su cui mediteremo è quella dei “figli amati”, che appare in filigrana in tutte le letture. Il mistero del Natale si riverbera sulla comunità dei credenti, costituendoli come “assemblea dei santi”: coloro che brillano della santità di Dio.

L’assemblea dei santi è una potente figura biblica, che in tempi oscuri ha illuminato la speranza e orientato a perseverare nella fede. Il termine, preso dalla prima lettura, esprime una realtà che pervade tutta la liturgia della Parola, e tende a coinvolgere gli ascoltatori, perché si riconoscano essi stessi come parte di essa.

La sapienza nell’assemblea dei santi

La prima lettura sgorga dalla più matura riflessione teologica di Israele. La sapienza personificata dice da un lato l’insondabilità del mistero di Dio, assolutamente trascendente, non mescolato con il mondo, non manipolabile dalle parole o dai pensieri umani; ma dall’altro lato il Dio assoluto ed eterno è sorprendentemente coinvolto, legato alla storia di Israele, costantemente presente nel mondo attraverso il segno di un popolo che gli appartiene, attraverso il suo spirito che opera nel creato.

Approfondire la ricerca sul mistero di Dio conduce anche alla scoperta dell’identità del suo popolo: il popolo in cui Dio abita, in cui prende dimora la sua sapienza, è un popolo di “eletti” e di “santi”. Istintivamente si recepiscono queste nozioni in senso negativo: parlare di eletti evoca un’ingiusta preferenza e una pregiudiziale esclusione di alcuni; parlare di “santi” evoca un modello di perfezione inaccessibile.

Il senso del testo del Siracide sembra essere l’opposto: parlare di elezione e parlare di santità permette di salvare l’identità di Israele, al di là dei suoi limiti e delle sue infedeltà. Anche se è un popolo peccatore, Israele è stato scelto ed è Dio stesso che lo santifica, lo fa corrispondere alla propria identità, lo chiama a partecipare della propria santità.

L’assemblea dei santi è una figura dinamica, un termine che genera una tensione e accende la speranza, anche al di là delle sue parziali realizzazioni; e a partire dalla resurrezione di Cristo, può essere esteso da Israele a tutti i popoli.

Ha dato il potere di diventare figli di Dio

Il prologo di Giovanni annuncia la novità sconvolgente del Vangelo: essere parte dell’assemblea dei santi significa essere “Figli di Dio”, coloro che “non da sangue… ma da Dio sono stati generati”. Nel Cristo risorto tutti hanno la possibilità di essere rigenerati come figli di Dio. Ciò che era promesso dalla Sapienza, si realizza nel Cristo, parola vivente, Verbo fatto carne, che accoglie personalmente coloro che sono chiamati a diventare figli di Dio.

“Con ogni benedizione spirituale”

L’apertura della lettera agli Efesini ci consente di misurare in tutta la sua ampiezza il progetto di Dio. Pur rivolgendosi a destinatari determinati, Paolo allarga la visione a tutte le chiese che nel frattempo si sono formate, e anche al futuro, al “tesoro di gloria” che racchiude “la sua eredità fra i santi”. Anche in questo brano la santità non va intesa principalmente come perfezione morale, da raggiungere con uno sforzo volontaristico: è prima di tutto un dono di Dio, che ci raggiunge nella benedizione spirituale” conferita da Cristo stesso. Il messaggio di Paolo è chiaro: lo Spirito, dono del Risorto, ci rende “santi”; solo lui può “illuminare gli occhi del cuore”, perché si risvegli in noi il dono di grazia.

Per gli educatori: l’ascolto profondo, di Dio e dei fratelli

Non solo sondaggio e marketing

L’ascolto è una delle doti fondamentali dell’educatore. Solitamente ciò viene inteso in senso prevalentemente tecnico e professionale: conoscere le persone a cui si è destinati, ascoltare i ragazzi, gli adulti, i bambini, le varie categorie di destinatari a cui si è inviati. Tuttavia, proprio partendo dall’ascolto del destinatario, ci si rende conto che non può essere ricondotto tutto ad una sorta di – pur benefico – marketing.

L’esperienza concreta dell’ascolto delle persone e delle situazioni conduce ad andare più in profondità, in ascolto del progetto di Dio. A questo livello si colloca prevalentemente Maria, risultando, peraltro, sorprendentemente efficace. Lei che non si pone direttamente come educatrice, risulta straordinariamente educativa, mettendosi al servizio pieno del progetto di Dio.

Il rifiuto di essere bisognosi

Molto spesso, anche se si usano le massime attenzioni e la più grande disponibilità, l’azione formativa viene rifiutata. Anche il bisognoso estremo, che pure si trova nella massima indigenza, non si adatta facilmente ad essere indirizzato verso modalità di vita nuove. Il formatore è percepito come uno che viene ad imporre dall’esterno la sua convinzione. Tutto cambia se insieme ci si mette in ascolto del progetto di Dio. Di fronte a lui non esistono formatori e formati, non esiste chi aiuta e chi è aiutato, non esiste il sapiente e l’ignorante: tutti sono chiamati ad essere in cammino verso la realizzazione piena della sua verità. Maria, umile serva del Signore, è straordinariamente efficace ed educativa proprio per questo: non ci appare con verità da insegnare, con schemi da apprendere, ma indica il progetto comune, il progetto di Dio che ci riguarda tutti, restando serva e discepola.

Il successo di un’indicazione

Alle nozze di Cana, Ella indica semplicemente il modo di rivolgersi a Gesù. Sarà lui ad agire. Ai piedi della croce, la Vergine insegna semplicemente con il suo stare accanto a chi soffre. Nella prima comunità, secondo la narrazione degli Atti degli Apostoli, la vediamo semplicemente stare in preghiera con la comunità dei discepoli. Dicevamo prima: massimamente educativa, senza assumere il ruolo di educatrice: perché costantemente abitata dall’ascolto e dal servizio alla parola.

Ciò che è esigito è la fecondità, non un semplice risultato pratico. Cristo deve nascere in noi, come è nato in Maria. L’educatore è colui che per primo vive la forza della parola che si manifesta.

Anche la preghiera dialogante è importante: Maria si interroga sulle parole dell’Angelo, e ci viene presentato un vero e proprio processo di discernimento, che si conclude con l’accoglienza del suo progetto.

Ogni educatore credente è dunque chiamato a vivere il suo servizio restando costantemente in atteggiamento di ascolto, come Maria, senza pretendere di esaurire la propria identità in una serie di azioni o in un ambito professionale, ma mettendosi integralmente a disposizione del progetto di Dio, nella sua interezza.

Dal sussidio della Cei per il tempo di Avvento Natale 2013

“è ormai tempo di svegliarvi dal sonno”

 

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Lunedì 6 gennaio 2014

La gloria del Signore brilla sopra di te

Àlzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te. Poiché, ecco, la tenebra ricopre la terra, nebbia fitta avvolge i popoli; ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te. Cammineranno le genti alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere. Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te. I tuoi figli vengono da lontano, le tue figlie sono portate in braccio.

Allora guarderai e sarai raggiante, palpiterà e si dilaterà il tuo cuore, perché l’abbondanza del mare si riverserà su di te, verrà a te la ricchezza delle genti. Uno stuolo di cammelli ti invaderà, dromedari di Màdian e di Efa, tutti verranno da Saba, portando oro e incenso e proclamando le glorie del Signore.
Is 60, 1-6

Le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità

Fratelli, penso che abbiate sentito parlare del ministero della grazia di Dio, a me affidato a vostro favore: per rivelazione mi è stato fatto conoscere il mistero. Esso non è stato manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come ora è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito: che le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo.

Ef 3,2-3a . 5-6

Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo

Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”». Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».

Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.
Mt 2,1-12

I Magi

La gloria e lo splendore di Sion

La liturgia della parola si apre con la grande visione profetica dei popoli che convergono su Gerusalemme, città santa, abitata dalla gloria di Dio. Le parole chiave sono “gloria”, “luce”, “splendore”. A Sion i popoli trovano qualcosa di bello e importante, per il quale vale la pena di portare doni.

È da notare che l’atto di portare doni nel mondo antico era un atto di sottomissione, dovuto da parte dei vassalli ai sovrani e ai dominatori. La signoria di Dio che risplende a Gerusalemme è però qualitativamente diversa: coloro che entrano in essa “proclamano la gloria del Signore”. Riconoscono che Dio è il re: un Signore di cui è bello cantare le lodi.

Le tenebre dei popoli

I popoli infatti abitano nelle “tenebre”. Il mistero di Dio, che risplende per Israele, è nascosto alle genti. Anche la seconda lettura mette in evidenza il nascondimento del progetto di Dio. Possiamo però chiederci che senso ha tenere per tanto tempo i popoli nell’oscurità. Certamente, essa è anche il frutto di un cedimento al peccato. Allontanandosi da Dio, l’umanità fa esperienza del vuoto e della tenebra. Cercando una propria libertà indipendente dall’amore di Dio, si cade in molteplici forme di schiavitù. Dio permette questa esperienza, perché ogni creatura possa rendersi conto di cercare qualcosa di più di Erode, di aspirare a qualcosa di meglio rispetto alla nebbia del peccato. Israele è chiamato a rivestirsi di luce non per se stesso, ma come un faro perché i popoli ritrovino la rotta. I Magi sono il modello del ritorno a Dio da parte di tutte le nazioni, che escono dalle tenebre e ritrovano la luce.

Che cosa merita di essere adorato

I Magi cercano il re che è nato “per adorarlo”. Nel loro cammino incontrano tante realtà che sembrano chiedere e meritare rispetto e una sorta di venerazione: la grande città, il re potente, i saggi di Israele, depositari delle Scritture… anche gli uomini e le donne del nostro tempo trovano numerosi miti e divi che attirano fenomeni di vera e propria adorazione. Il progresso della tecnologia e della scienza, i campioni dello sport, i grandi personaggi dello spettacolo, lo strapotere dell’economia e del denaro: ecco ciò che, di fatto, si finisce per adorare. Anche se non lo merita. I Magi mostrano come sia possibile resistere alla tentazione, allontanandosi da tutto ciò, fino a quando incontrano la madre e il bambino, segni della grandezza che si fa piccola, dell’amore di Dio.

Per gli educatori

La sapienza operosa

I Magi si presentano come studiosi, sapienti. Un buon formatore è colui che coltiva la sapienza, come i Magi che si presentano come studiosi delle stelle, e quindi tra i più elevati sapienti del loro tempo.

Ma la sapienza, pur se coltivata non basta: i Magi non solo sanno riconoscere la stella, ma si mettono in viaggio per adorare il re che è nato. Ricercando con dedizione la verità, essi sopravanzano il popolo stesso di Dio, che abita a Gerusalemme, che sembra quasi impaurito dalla notizia. Né Erode né i dottori della Legge si spostano, pur conoscendo le Scritture, e pur potendo fornire l’indicazione ai Magi.

Colui che riceve il delicato incarico ecclesiale di educare alla fede, oltre ad essere chiamato lui stesso, se non a un lungo viaggio, quantomeno ad una profonda conversione, si trova ad avere a che fare con nuovi Erodi e nuovi dottori della Legge, oltre che con nuove folle impaurite.

Erode: l’ascoltatore interessato

Erode si mostra interessato alle parole dei Magi. Ma il lettore sa che è solo per paura di perdere il suo potere. Così anche molte persone che frequentano le riunioni e i gruppi ecclesiali, coltivano in realtà interessi laterali, e tenderanno a dileguarsi non appena sarà esaurito il vantaggio che intendevano acquisire. Allo stesso modo possiamo incontrare educatori interessati: persone che esercitano un ministero ecclesiale in vista di un qualche potere e prestigio che esso conferisce. Non potremo mai dirci completamente al sicuro da una simile tentazione. Per tutti però viene il tempo della croce: quando l’agire torbido viene smascherato, e i finti ascoltatori si rivelano persecutori, come Erode, o si dileguano, come Pietro di fronte all’accusa infamante di essere discepolo.

Gli scribi del popolo: l’ascoltatore saccente

Gli scribi non sono presentati come veri ascoltatori della Parola, ma piuttosto come depositari e custodi del sapere. A richiesta essi sanno ripetere la profezia; ma è una consulenza fredda, quasi una prestazione professionale, un’esibizione di cultura che non li spinge all’azione, non li coinvolge nella vita.

Ora, ciò che dovrebbe produrre una profezia è proprio il cambio di atteggiamento, sia emotivo, sia intellettuale, sia morale: chi era depresso riscopre la speranza, chi ha peccato scopre la possibilità del perdono, chi si arroga diritti che non ha entra in una diversa prospettiva, conformandosi alla giustizia di Dio. La profezia che non tocca nel profondo del cuore resta sterile.

La folla paurosa

Come è possibile che Gerusalemme resti turbata di fronte all’annuncio del compimento delle sue attese? Eppure ogni annunciatore sa che può venire quel momento, in cui coloro che si ritenevano eletti si tirano indietro. Ci può essere infatti una fede vissuta come semplice emozione, o evasione rassicurante, come fattore di condivisione comunitaria, che rassicura e conferisce identità. Ma quando la fede si manifesta come qualcosa che tocca la vita, che genera una decisione personale, quando davvero Dio irrompe nella storia, emerge il desiderio di ritrarsi nell’anonimato, di non essere coinvolti fino in fondo. I Magi annunciano che il Re è nato: e quindi qualcosa sta davvero cambiando. La folla reagisce nello stesso modo in cui agirà molti anni più tardi con Gesù: quando le esigenze del vangelo divengono radicali, molti si tirano indietro.

La sapienza perseverante

La sapienza perseverante non si lascia abbattere né dalla freddezza, né dalla malignità, né dall’interesse, né dal cedimento pauroso. I Magi continuano a cercare, e cercando annunciano, senza deviare dal loro cammino, che porta a Betlemme.

Dal sussidio della Cei per il tempo di Avvento Natale 2013

“è ormai tempo di svegliarvi dal sonno”

 

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Martedì 7 gennaio 2014

Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce

In quel tempo, quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa: «Terra di Zàbulon e terra di Nèftali, sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti! Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta». Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino». Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo. La sua fama si diffuse per tutta la Siria e conducevano a lui tutti i malati, tormentati da varie malattie e dolori, indemoniati, epilettici e paralitici; ed egli li guarì. Grandi folle cominciarono a seguirlo dalla Galilea, dalla Decàpoli, da Gerusalemme, dalla Giudea e da oltre il Giordano.
Mt 4,12-17. 23-25

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Mercoledì 8 gennaio 2014

Voi stessi date loro da mangiare

In quel tempo, sceso dalla barca, Gesù vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose. Essendosi ormai fatto tardi, gli si avvicinarono i discepoli dicendo: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congedali, in modo che, andando per le campagne e i villaggi dei dintorni, possano comprarsi da mangiare». Ma egli rispose loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Gli dissero: «Dobbiamo andare a comprare duecento denari di pane e dare loro da mangiare?». Ma egli disse loro: «Quanti pani avete? Andate a vedere». Si informarono e dissero: «Cinque, e due pesci». E ordinò loro di farli sedere tutti, a gruppi, sull’erba verde. E sedettero, a gruppi di cento e di cinquanta. Prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero loro; e divise i due pesci fra tutti.

Tutti mangiarono a sazietà, e dei pezzi di pane portarono via dodici ceste piene e quanto restava dei pesci. Quelli che avevano mangiato i pani erano cinquemila uomini.
Mc 6,34-44

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Giovedì 9 gennaio 2014

Coraggio, sono io, non abbiate paura!

[Dopo che i cinquemila uomini furono saziati], Gesù subito costrinse i suoi discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, a Betsàida, finché non avesse congedato la folla. Quando li ebbe congedati, andò sul monte a pregare. Venuta la sera, la barca era in mezzo al mare ed egli, da solo, a terra. Vedendoli però affaticati nel remare, perché avevano il vento contrario, sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare, e voleva oltrepassarli. Essi, vedendolo camminare sul mare, pensarono: «È un fantasma!», e si misero a gridare, perché tutti lo avevano visto e ne erano rimasti sconvolti. Ma egli subito parlò loro e disse: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». E salì sulla barca con loro e il vento cessò. E dentro di sé erano fortemente meravigliati, perché non avevano compreso il fatto dei pani: il loro cuore era indurito.
Mc 6,45-52

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Venerdì 10 gennaio 2014

Mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio

In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode. Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore». Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca.
Lc 4,14-22a

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Sabato 11 gennaio 2014

Signore, se vuoi, puoi purificarmi

Un giorno, mentre Gesù si trovava in una città, ecco, un uomo coperto di lebbra lo vide e gli si gettò dinanzi, pregandolo: «Signore, se vuoi, puoi purificarmi». Gesù tese la mano e lo toccò dicendo: «Lo voglio, sii purificato!». E immediatamente la lebbra scomparve da lui. Gli ordinò di non dirlo a nessuno: «Va’ invece a mostrarti al sacerdote e fa’ l’offerta per la tua purificazione, come Mosè ha prescritto, a testimonianza per loro». Di lui si parlava sempre di più, e folle numerose venivano per ascoltarlo e farsi guarire dalle loro malattie. Ma egli si ritirava in luoghi deserti a pregare.
Lc 5,12-16