Benny e la riforma Gelmini

SANTENA – 24 ottobre 2008 – “Scuola: tra enti locali, tecnologie e riforma. Quali prospettive per il futuro”, questo il titolo di un convegno organizzato da Patrizia Borgarello, assessore all’Istruzione del comune di Santena, con la presenza di: Benny Nicotra, sindaco di Santena; Elena Maccanti, esponente della Lega Nord, componente della commissione Cultura alla Camera; Umberto D’Ottavio, esponente de Pd, assessore all’Istruzione della Provincia di Torino; Giuliana Testori, dirigente scolastico dell’istituto comprensivo di Santena; Roberto Gontero, vice presidente nazionale Agesc. Di seguito l’intervento introduttivo e le conclusioni del sindaco Benny Nicotra al convegno tenutosi la sera del 24 ottobre, presso palazzo Visconti Venosta.

Questo è l’intervento iniziale del sindaco Benny Nicotra.
Grazie. Ringrazio tutti coloro che sono intervenuti e che interverranno dopo di me per quanto riguarda questo punto abbastanza scottante di questo provvedimento che legge non è, non è altro che un provvedimento. Io mi sono posto alcune domande e ho predisposto una relazione.
La scuola è il centro della vita sociale, un perno fondamentale per la creazione di cittadini migliori. Un paese come il nostro che per la produzione di ricchezza sta fra i primi dieci del mondo ha assoluto bisogno di stare al passo, formando cittadini che rispondono a due caratteristiche fondamentali.
La prima è la preparazione culturale e tecnico professionale tale da renderli capaci di contribuirle alla competitività del sistema economico. La concorrenza, a livello mondiale, è sempre più forte e tutti i grandi Paesi industriali hanno un sistema scolastico che rappresenta la qualità. Il nostro, pur con eccezioni per larga parte, purtroppo non lo è. I docenti – mi rincresce dire una cosa del genere – mancano di corsi di riqualificazione. E purtroppo chi ne patisce di tutto ciò sono i nostri figli.
La seconda riguarda l’etica e il carattere. Per costruire un Paese civile non basta saper fare bene il proprio mestiere; occorre anche essere buoni cittadini, dotati di senso di responsabilità e di senso civico. Partendo da questo punto di vista voglio dichiarare apertamente, come è mio costume, che apprezzo molto della riforma introdotta e non solo per un patriottismo di partito, ma perché sono assolutamente d’accordo sui principi che stanno alla base dei provvedimenti introdotti.
È innegabile che, giudicando a consuntivo dei fatti, la riforma della scuola del 1990 ha portato nelle giovani generazioni a una riduzione della base dell’istruzione, delle fondamenta su cui poi costruire un percorso di formazione che dura per tutta la vita, con un vero e proprio crollo delle conoscenze più banali, come la capacità di leggere, la capacità di scrivere, la capacità di contare. I punti più attaccati della riforma recentemente approvata vanno nella direzione che io credo sia giusta, cioè della chiarezza e della responsabilizzazione.
La reintroduzione dei voti in decimi, ad esempio, vuole contribuire a ridare trasparenza alla valutazione sul rendimento scolastico. I giudizi scritti, amici miei, lo sappiamo tutti noi genitori, sono risultati, spesso e a volte, fumosi.
Il maestro unico rientra nella stessa logica e ha un pregio fondamentale, cioè ripropone una figura di riferimento precisa per i nostri bambini. Il cosiddetto modulo venne introdotto per motivi occupazionali, con il risultato di bruciare enormi risorse finanziarie che sarebbero state utili per fare degli investimenti. Fra essi, oltre alle strutture edilizie, le nuove tecnologie informatiche, ormai fondamentali, inserisco l’aumento degli stipendi per gli insegnanti validi. Validi e questo lo sottolineo. Su questo tema la gestione delle risorse mi ha colpito in particolare. In una intervista il ministro, ha bene evidenziato, due difetti radicati della politica italiana degli ultimi decenni: il benaltrismo – ma la questione è ben altra – e il piusoldismo, l’illusione che ogni problema si risolva concedendo più quattrini in busta paga, senza alcuna contropartita.
Sono due bei slogan, che rendono difficile il processo riformatore in Italia e soprattutto sottraendo risorse agli investimenti. La storia italiana è piena di esempi dove il benaltrismo e il piusoldismo, senza controllo e senza meriti, hanno prodotto sprechi di ricchezza e l’incancrenirsi di problemi e nell’ottica perversa di dar poco a molti, chiedendo poco in cambio.
Tornando al tema della responsabilità e dell’etica, giudico molto positivo anche l’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione e la reintroduzione del voto in condotta, che rappresentano un contributo fondamentale alla partecipazione civile. In sintesi, bisogna prima conoscere le regole, e questo non sempre avviene, e poi, soprattutto, rispettarle.
Infine vorrei concludere con un doveroso commento sulla burocrazia, altra malattia cronica del nostro bel Paese. Nel funzionamento della scuola italiana attuale ci sono meccanismi burocratici che appesantiscono la vita degli operatori, e mi rivolgono agli insegnanti. I docenti non sono chiamati più solo ad insegnare, ma ad occuparsi di una serie di incombenze, di riunioni, di adempimenti burocratici di cui è difficile comprenderne il bisogno. Io non accetterei mai che un insegnante non finisse il proprio lavoro all’interno della scuola nelle sue ore che deve occupare. Quando vedo alcuni insegnanti che si portano a casa il lavoro non le giustifico, perdonatemi …l’insegnante ha un dovere sacrosanto, quello di ultimare, se fa il proprio lavoro e lo trasferisce ai propri allievi, di finire il proprio lavoro a scuola. E’ pagato per questo.
(ndr: dal pubblico in sala si alza un vociare e partono commenti di dissenso, anche ad alta voce)
Non… ma sono qua poi mi fate le domande.
Il mio intervento vuole essere provocatorio perché, perché… e ci sono riuscito. Perché se lasciate finire il mio intervento… Si può anche avere in un intervento provocatorio anche un qualcosa di attenzione nei vostri riguardi. Perché… perché nell’insieme ci sono comportamenti che io li ritengo… in considerazione di quello che insieme a tanti di voi – perché anche voi siete stati nei banchi di scuola come lo sono stato io. Avete subito determinate situazioni. Ognuno di noi, oggi, può esprimere se la scuola funziona, non funziona e perché non funziona.
Perché. Perche alcune cose che ho visto mi hanno toccato; è nel vedere dei bambini, bambini, manifestare. Io non accetterei mai che i mie figli, attraverso i docenti, vanno a manifestare con degli striscioni e degli slogan. Che questi bimbi non sanno che cosa stanno portandosi dietro. Questo io non lo accetto; i bambini devono fare i bambini e debbono crescere con un indirizzo che è quello dato. La maggior parte delle ore, lo dico sempre, non stanno coi genitori i bambini; stanno con gli insegnanti. Ed è una cosa importante che gli insegnati abbiamo un’attenzione particolare nei riguardi di questi ragazzi che un domani diventeranno maturi e che abbiano una formazione non solo culturale ma anche civile. E tutto ciò mi ha lasciato un attimo l’amaro in bocca, perché vedere a Roma, attraverso i… chiamiamoli i giornali, attraverso quello che io chiamo disinformazione a volte, delle volte oltraggio. Vedere dei bambini manifestare non mi è piaciuto. Credetemi. Un conto è manifestare una persona che ha raggiunto una determinata età e per cui ha la possibilità di pensarla in un determinato modo. Un bimbo cosa ne sa del provvedimento o della legge? Questo, scusatemi, non è bello. Almeno non per me come genitore.
Ancora maggiore è l’impegno per i dirigenti scolastici, soffocati dalle scartoffie. Anche in questo caso la logica è quella perversa dell’inventare operazioni inutili per giustificare posti di lavoro altrettanti inutili. Mentre di lavoro vedo da fare nella scuola italiana ce ne sarebbe tantissimo.
Aggiungo che, avendo fatto… avendo fatto l’imprenditore per molti anni, la legge Moratti – una legge che io condivido perché ero in Parlamento – rappresentava scuola e lavoro. Io capisco che ogni genitore vuole vedere nel proprio figlio il dottore, l’avvocato, l’ingegnere, l’architetto, lo vuole vedere con camicia e cravatta. Ma se incominciamo a far capire al giovane, nella scuola dell’obbligo, di provare cosa vuol dire scuola-lavoro, magari quel ragazzo, quella ragazza, può apprezzare e dire “Io non sono fatto per fare l’impiegata o andare a farmi sfruttare in un call center per pochi euro”. Magari dice vado a fare uno stage presso un’azienda, magari a fare la centralinista, che non è un lavoro banale, ma professionale. Vado presso un’azienda a imparare a fare l’idraulico, perché sono portato di più a fare l’idraulico, anche se mia madre mi vorrebbe ingegnere, ma a me non piace. E quella della Moratti era un’introduzione che noi abbiamo apprezzato e abbiamo voluto. Non vi era piaciuta quella legge lì. E’ strano…
Per dare concretezza all’insegnamento occorre lavorare su due fronti. Per un verso ridurre la burocrazia, ma anche far vedere come funziona il mondo reale al di fuori dell’aula scolastica. Dopo questa mia introduzione, di cui credo abbia creato un po’ di amarezza. Ma me ne stanno facendo talmente tante, ma io ho un detto: “Il pettegolezzo è del fallito”. Nella vita le cose bisogna affrontarle le cose; affrontarle davanti, perché se non siamo delle persone che possiamo guardare in faccia le altre persone e insegnare ai nostri bimbi, quello che io chiamo trasparenza, quella che è l’uguaglianza, quello che è l’amore nel riguardo degli altri. Nella scuola non si deve far la politica. Nella scuola si deve insegnare; trasferire il modello civico. Trasferire educazione.
A me è dispiaciuto nei vostri riguardi quando, alla fine dell’anno, sono venuto a fare gli auguri ai bambini per Natale. In alcune classi grande attenzione e grande apprezzamento. Io posso essere non simpatico e antipatico, non lo metto in dubbio. Ma nella vita c’è una forma che si chiama educazione. E a scuola ci siete stati anche voi. Quando una persona adulta, chiunque esso sia, entra in aula ci si alzava in piedi. Qualcuno di voi, invece, aveva detto che non c’era bisogno di alzarsi in piedi. Questo non l’ho accettato. Perché il sindaco può essere chiunque, Pautasso, Rossi o Bianchi, ma educazione significa insegnare che cosa vuol dire apprezzare la forma civica. Per cui, per cui… per cui queste cose qua, l’introduzione di quello, io lo trovo eccezionalmente valido: ritornare a quella che era l’educazione. Ma non solo per i bambini, ma soprattutto per noi adulti.
Comunque, io volevo a nome dell’amministrazione che rappresento, salutare tutti, ringraziare l’assessore Borgarello che ha fatto in modo di poter organizzare con questo convegno un tavolo così delicato per quello che sta accadendo in Italia che è veramente spaventoso, a prescindere da questo provvedimento. Io non vi voglio augurare nulla, ma noi avremo due anni di una recessione tale, altro che provvedimento della scuola, qui c’è una situazione delicata – e ringrazio Bordin che assentisce a quanto dico – perché… perché è proprio così. Le televisioni stanno cominciando a esagerare, sia su quello che sta accadendo e soprattutto sul sistema finanziario. Per cui la riforma delle scuola, per carità, è soltanto un provvedimento di alcuni articoli, ma di così tanto pericoloso non c’è proprio nulla. Volevo ringraziare i relatori e l’amico Umberto D’Ottavio che conosco da tanti anni. Con lui abbiamo avuto sempre rispetto reciproco. Io sto da una parte ma lui sta dall’altra, ma c’è sempre stato la cordialità, la correttezza e soprattutto, in ognuno di noi, la trasparenza. Grazie.

Dopo gli interventi degli altri relatori e il dibattito il convegno si è chiuso con queste parole del sindaco.
Io concluderei, anche se sono stato la causa che ho provocato un po’. Una cosa …io per quanto riguarda i docenti, intendevo tutti in generale, non intendevo quelli della città che amministro. Quando parlavo di lavorare molto di più all’interno della scuola mi riferivo per la secondaria e non la primaria. La primaria non ha la possibilità di avere qualche ora di spazio. Perché, io mi ricordo quando andavo alle medie, scuola pubblica, avevo delle insegnanti che magari avevano ore vuote, tra l’orario di una classe e l’altra. Per cui mi scuso se sono stato magari non preciso, visto che la direttrice didattica è stata molto attenta nell’additarmi nella mia persona.
Io ringrazio l’amico Umberto D’Ottavio, perché nell’insieme tu hai portato i fili in un certo discorso… Perché, è una cosa importante… amici miei. Qui ci stanno sedute delle persone che fanno politica, ma che sono all’interno di commissioni parlamentari. E’ un grande problema aiutare i legislatori. Però possiamo apportare delle correzioni e non c’è destra o sinistra, né lega, Pd… Quando bisogna portare delle correzioni occorre essere concreti e poco astratti. Servono poche parole, occorre andare sulla concretezza. Per aiutare queste cose bisogna che anche coloro che hanno delle esperienze, di cui io constato in questa sala, da parte della direttrice didattica, con la quale abbiamo portato avanti determinati discorsi, con persone che sono assenti anche a livello auricolare, come il Provveditore agli studi, che ci ha detto sì, sì. Ci ha detto “guarderò”. Da lui siamo andati più di una volta, ma non si è poi mai fatto nulla. Sono persone che ormai… con il Provveditore c’è un grosso problema. Lui non viene eletto da una parte ma viene eletto da una estrazione sempre di carattere politico, anzi, mi suggerisce ora la dirigente scolastica, viene nominato. Per cui è sempre colui che deve sottostare a determinati equilibri. Questo è sbagliato. Per cui condivido tutte le discussioni, però non dimentichiamoci che c’è un servizio che noi continueremo a dare.
Una altra cosa che mi preoccupa sono i bambini con handicap. La direttrice mi faceva notare che abbiamo dei problemi per alcune classi dove i soggetti con handicap sono più di uno. Mi sono già fatto carico al Ministero di questo; delle volte ci sono problemi e facciamo delle cose che nessuno poi sa. A volte ci si dimentica dell’esistenza di questi ragazzi di queste figure. Perché è così. Perché forse alcuni non hanno di questi problemi. Di conseguenza stiamo lavorando anche su questo. Questi bimbi hanno bisogno. Ogni bimbo ha bisogno di un insegnante di appoggio e non un’insegnante che ne guarda tre o quattro. Questo sono cose che bisogna dire ad alta voce, senza fare destra o sinistra, Lega e Pdl o Pd, perché queste sono le cose della realtà che tutti noi viviamo.

E il ruolo di docente deve ritornare. Perché quando vi additavo e dicevo la riqualificazione del docente è per privilegiare la vostra figura. Perché io ricordo, quando ero ragazzo e portavo una nota a casa, mio padre non andava dall’insegnante a dire cosa hai fatto: mi menava …e non c’era Telefono Azzurro. Questo cose, ripeto, non è che gli insegnanti devono comportarsi come negli anni Sessanta. Però bisogna ridare il ruolo. Condivido chi mi ha preceduto, che ha sostenuto questa cosa, perché noi stiamo andando in una formazione che io direi preoccupante. Lo dicevo alla direttrice, io sono stato, ho partecipato alla tesi di laurea dei miei figli, prima in Economia e commercio e poi di Giurisprudenza. E vi assicuro che mi sono schifato, perché l’università è il traguardo finale; là c’era sporcizia, scorrettezza nei riguardi dei docenti. Ho sentito con le mie orecchie, per cui in questo momento i docenti per molti studenti sono l’ultima cosa da rispettare. Dobbiamo far tornare quella che è la forma civica; il rispetto nei riguardi degli altri. Lo vediamo anche in televisione, sul Tg3 si vede la facoltà di Giurisprudenza con tutti gli slogan. Ripeto, tutto si può fare, ma se non torniamo al ruolo completo di quella che è la disciplina e l’educazione rischiamo di perdere le menti. Perché noi abbiamo perso le menti. Perché le persone valide sono andate dell’altra parte, Noi in Italia non abbiamo più persone valide. Questo dobbiamo pensare. I nostri figli vedendo queste cose diranno “ma cosa ci sto a fare qui?”. E questa è la domanda che ci poniamo ognuno di noi. Scusatemi per questa mia attenta riflessione. Vi ringrazio tutti.

filippo.tesio@tin.it