una pausa per lo spirito – proposte di riflessione per i giorni dal 3 al 9 novembre 2013

Santena – 3 novembre 2013 – Di seguito, alcune proposte di riflessione, per i giorni dal 3 al 9 novembre 2013, tratte dalla liturgia del giorno, con commento alle letture domenicali.

Domenica 3 novembre 2013

Chiudi gli occhi sui peccati degli uomini, aspettando il loro pentimento

angeliSignore, tutto il mondo, infatti, davanti a te è come polvere sulla bilancia, come una stilla di rugiada mattutina caduta sulla terra. Hai compassione di tutti, perché tutto puoi, chiudi gli occhi sui peccati degli uomini, aspettando il loro pentimento. Tu infatti ami tutte le cose che esistono e non provi disgusto per nessuna delle cose che hai creato; se avessi odiato qualcosa, non l’avresti neppure formata. Come potrebbe sussistere una cosa, se tu non l’avessi voluta? Potrebbe conservarsi ciò che da te non fu chiamato all’esistenza? Tu sei indulgente con tutte le cose, perché sono tue, Signore, amante della vita. Poiché il tuo spirito incorruttibile è in tutte le cose. Per questo tu correggi a poco a poco quelli che sbagliano e li ammonisci ricordando loro in che cosa hanno peccato, perché, messa da parte ogni malizia, credano in te, Signore.
Sap 11,22 – 12,2

Il nostro Dio vi renda degni della sua chiamata

Fratelli, preghiamo continuamente per voi, perché il nostro Dio vi renda degni della sua chiamata e, con la sua potenza, porti a compimento ogni proposito di bene e l’opera della vostra fede, perché sia glorificato il nome del Signore nostro Gesù in voi, e voi in lui, secondo la grazia del nostro Dio e del Signore Gesù Cristo. Riguardo alla venuta del Signore nostro Gesù Cristo e al nostro radunarci con lui, vi preghiamo, fratelli, di non lasciarvi troppo presto confondere la mente e allarmare né da ispirazioni né da discorsi, né da qualche lettera fatta passare come nostra, quasi che il giorno del Signore sia già presente.
2 Ts 1,11-2,2

Il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto

In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!». Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».
Lc 19,1-10

Egli cammina per le vie, ma in realtà vuol percorrere le vie del cuore

Il brano evangelico che abbiamo ascoltato ci fa entrare dentro la città di Gerico assieme a Gesù. Non si tratta di un cammino distratto e frettoloso come normalmente accadeva in questa cittadina di confine, o come accade nella convulsa vita quotidiana delle nostre città, ove ci si ferma magari solo per gli ingorghi. Anche se la meta è Gerusalemme, Gesù cammina per incontrare la gente, per aiutare chi ha bisogno, per guarire chi è malato e per dare consolazione a chi è afflitto. Egli cammina per le vie della città, ma in realtà vuol percorrere le vie del cuore, quelle più intime e talora tenute nascoste anche ai più vicini. Gerico, una delle più antiche città del mondo, era una fiorente oasi circondata dal deserto e la sua vicinanza ai guadi del Giordano ne aveva fatto un importante luogo doganale. Qui abitava un capo dei pubblicani chiamato Zaccheo. Era forse un imprenditore privato a cui le autorità pubbliche avevano dato l’incarico di controllare tutta l’attività esattoriale della regione. Questo suo lavoro gli aveva permesso di incassare delle belle somme e forse con metodi non proprio puliti. Zaccheo, un notabile della cittadina di Gerico, potremmo paragonarlo a quel giudice ricco e disonesto di cui ha parlato l’evangelista al capitolo 18, ma forse di questo più peccatore. 
Zaccheo, incuriosito dall’entusiasmo della folla, vorrebbe anch’egli vedere Gesù che passa per la città. Ma, essendo piccolo di statura, a causa della folla non riusciva a vederlo. Forse non si parlava solo della statura fisica. La folla, o meglio, il clima convulso e confuso della città, non aiuta a vedere Gesù. E Zaccheo non è al di sopra di questa folla, come del resto noi tutti non siamo al di sopra o al di fuori della mentalità comune della maggioranza. Tutti siamo troppo a terra, troppo preoccupati di noi stessi, delle nostre cose, per poter scorgere Gesù che passa. Né basta alzarsi solo sulla punta dei piedi, restando dove si è. Zaccheo dovette correre avanti, uscire fuori dalla folla, e salire su un albero. E la folla non è solo quella che sta fuori di noi; molte volte il nostro cuore è affollato di pensieri e preoccupazioni che non ci lasciano uscire da noi stessi, anzi ci tengono succubi e schiavi del nostro io. Sì, c’è una folla nel cuore di ciascuno di noi da cui bisogna uscire. E l’albero su cui salire può essere rappresentato da un amico, da un sacerdote, da momenti di riflessione che dobbiamo cercare, dalla stessa comunità cristiana: tutti costoro possono essere un aiuto per uscire dall’impasse, in cui spesso ci cacciamo da soli. 
Quando Gesù passò, guardò in alto e vide Zaccheo. Gli disse subito: “Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua” (v. 5). Immaginiamoci lo stupore e l’imbarazzo di questo notabile che aveva rischiato anche il ridicolo pur di vedere Gesù. Questa volta non si ripeté la scena dell’uomo ricco che se ne andò triste. Zaccheo, al contrario, “discese in fretta e lo accolse pieno di gioia” (v. 6). Il Vangelo ha fretta; ha fretta che il mondo cambi; ha fretta che ognuno di noi viva meglio; ha fretta che la felicità si allarghi; ha fretta che i deboli e i malati vengano aiutati. E se qualcuno dice: “Ma è difficile cambiare”, oppure: “È praticamente impossibile trasformare la vita attorno a noi”, Zaccheo ci offre un esempio. Dopo l’incontro con Gesù egli cambia atteggiamento e dice: “Do la metà dei miei beni ai poveri” (v. 8). È un tratto molto realistico; non “do tutto”, egli dice, ma “la metà dei miei beni”; pone cioè una misura e la rispetta. Potremmo dire che indica la strada del realismo nel valutare la propria condizione e nel decidere di partire da lì per cambiaria. Anche noi, gente ordinaria, possiamo trovare la nostra misura concreta e osservarla. In questo modo può entrare la salvezza nella nostra vita.
Comunità di Sant’Egidio

Assumere i propri limiti per trovare il proprio personale cammino

Il testo della Sapienza parla del Dio che ha misericordia (verbo eleéo: Sap 11,23) di tutti e non guarda ai peccati degli uomini in vista della loro conversione (metánoia: Sap 11,23); il vangelo presenta Zaccheo come uomo che fa esperienza della misericordia del Signore e esempio concreto di conversione. Zaccheo cerca di vedere Gesù, ma la folla gli è di ostacolo. Per incontrare Gesù occorre uscire dalla folla, osare la propria singolarità, assumere i propri limiti per trovare il proprio personale cammino, occorre il coraggio di “cantare fuori dal coro”. La grandezza del piccolo Zaccheo sta nell’intelligente assunzione del limite della propria statura e nel trovare aiuto in un albero di sicomoro su cui sale per poter vedere Gesù. I limiti precisi che ci abitano (fisici, morali, intellettuali, …), quando siano assunti con maturità e intelligenza, non ci impediscono di incontrare il Signore, ma ci consentono di far avvenire tale incontro nella verità. Questa assunzione ci rende anche intelligenti nel saper ricorrere alle creature che ci vivono accanto perché suppliscano alla nostra indigenza. Capo dei pubblicani e ricco, Zaccheo probabilmente si è arricchito in modo disonesto, sfruttando le possibilità offerte dal sistema di riscossione delle imposte. Egli, che può essere etichettato come peccatore e disonesto, è abitato dal desiderio di incontrare Gesù, e cerca con tutte le sue forze di vederlo. Il testo afferma che Zaccheo “cercava di vedere Gesù, chi fosse (tís estin)” (Lc 19,3), insinuando forse il desiderio di una conoscenza profonda di Gesù. E anche Gesù non si ferma al giudizio esteriore che potrebbe rinchiudere Zaccheo nel cliché del peccatore, non si rassegna a considerarlo solamente un peccatore, ma manifesta il suo desiderio di incontrarlo, di avere comunione con lui. E così narra il desiderio di Dio di incontrare ogni uomo, in particolare i peccatori. Il testo ci presenta così l’incontro del desiderio di Dio e del desiderio dell’uomo, che è, per entrambi, desiderio di salvezza. Zaccheo cerca di vedere Gesù, di riconoscerlo, ma scopre di essere visto e conosciuto da Gesù stesso (“Gesù alzò lo sguardo e gli disse: ‘Zaccheo…’”: Lc 19,5), che addirittura gli manifesta l’intenzione di fermarsi a casa sua, quasi fosse una sua vecchia conoscenza. Il cammino che Zaccheo percorre per incontrare Gesù (correre avanti per evitare la folla, salire su un albero situato là dove Gesù sarebbe passato) sfocia nella scoperta che Gesù era già in cammino per incontrarlo: “Il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e salvare ciò che era perduto” (Lc 19,10). Spesso le nostre ricerche e i nostri cammini spirituali trovano il loro esito nella scoperta che il Signore già ci cercava ed era in cammino verso di noi. Queste nostre ricerche sono il nostro predisporre tutto all’evento della grazia. La forza dello sguardo di Gesù, che in Zaccheo non vede il pubblicano, il peccatore, l’uomo di bassa statura, il ricco, ma un uomo e “un figlio di Abramo” (Lc 19,9), conduce Zaccheo a ritrovare la vista, a redimere il suo sguardo. Ora egli vede tutti coloro a cui ha sottratto denaro ingiustamente, vede i poveri, e interviene concretamente in loro favore (cf. Lc 19,8). Zaccheo vuole vedere Gesù (cf. Lc 19,3) e incontra il Signore (cf. Lc 19,8) e i gesti di conversione che Zaccheo attua non nascono da un atteggiamento di rimprovero di Gesù, ma dall’incondizionata e stupefacente accoglienza che Gesù gli riserva. Certo, a fronte di questo, resta sempre la possibilità di uno sguardo non evangelizzato, uno sguardo che in Zaccheo non vede che il peccatore e in Gesù una persona di cui scandalizzarsi: “Vedendo ciò, tutti mormoravano: ‘È andato ad alloggiare da un peccatore’” (Lc 19,7). Ha scritto don Primo Mazzolari commentando questo testo: “Io posso anche non vedere il Signore: lui mi vede sempre, non può non vedermi. Io posso scantonare, lui no. L’amore si ferma sempre e viene inchiodato dalla pietà. Io guardo e mi scandalizzo, guardo e giudico, guardo e condanno, guardo e tiro diritto: lui mi guarda, si ferma e si muove a pietà”.
Comunità di Bose

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Lunedì 4 novembre 2013

Sarai beato perché non hanno da ricambiarti

In quel tempo, Gesù disse al capo dei farisei che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».
Lc 14,12-14

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Martedì 5 novembre 2013

Nessuno di quelli che erano stati invitati gusterà la mia cena

In quel tempo, uno dei commensali, avendo udito questo, disse a Gesù: «Beato chi prenderà cibo nel regno di Dio!». Gli rispose: «Un uomo diede una grande cena e fece molti inviti. All’ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: “Venite, è pronto”. Ma tutti, uno dopo l’altro, cominciarono a scusarsi. Il primo gli disse: “Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Mi sono appena sposato e perciò non posso venire”. Al suo ritorno il servo riferì tutto questo al suo padrone. Allora il padrone di casa, adirato, disse al servo: “Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi”. Il servo disse: “Signore, è stato fatto come hai ordinato, ma c’è ancora posto”. Il padrone allora disse al servo: “Esci per le strade e lungo le siepi e costringili ad entrare, perché la mia casa si riempia. Perché io vi dico: nessuno di quelli che erano stati invitati gusterà la mia cena”».
Lc 14,15-24

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Mercoledì 6 novembre 2013

Chi non porta la propria croce e viene dietro a me, non può essere mio discepolo

In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro: «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo. Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”. Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».
Lc 14,25-33

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Giovedì 7 novembre 2013

Vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte

In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione. Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
Lc 15,1-10

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Venerdì 8 novembre 2013

I figli di questo mondo sono più scaltri dei figli della luce

In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”. Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”. Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce».
Lc 16,1-8

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Sabato 9 novembre 2013

Non fate della casa del Padre mio un mercato!

Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà». Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
Gv 2,13-22

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