una pausa per lo spirito – proposte di riflessione dal 24 al 30 novembre 2013

Santena – 24 novembre 2013 – Proposte di riflessione per i giorni dal 24 al 30 novembre 2013, tratte dalla liturgia del giorno, con commento alle letture domenicali.


Domenica 24 novembre 2013

Tu conducevi e riconducevi Israele

In quei giorni. vennero tutte le tribù d’Israele da Davide a Ebron, e gli dissero: «Ecco noi siamo tue ossa e tua carne. Già prima, quando regnava Saul su di noi, tu conducevi e riconducevi Israele. Il Signore ti ha detto: “Tu pascerai il mio popolo Israele, tu sarai capo d’Israele”». Vennero dunque tutti gli anziani d’Israele dal re a Ebron, il re Davide concluse con loro un’alleanza a Ebron davanti al Signore ed essi unsero Davide re d’Israele.
2 Sam 5,1-3

In vista di lui siano riconciliate tutte le cose

tutte le cose...Fratelli, ringraziate con gioia il Padre che vi ha resi capaci di partecipare alla sorte dei santi nella luce. È lui che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore, per mezzo del quale abbiamo la redenzione, il perdono dei peccati. Egli è immagine del Dio invisibile, primogenito di tutta la creazione, perché in lui furono create tutte le cose nei cieli e sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potenze. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte in lui sussistono. Egli è anche il capo del corpo, della Chiesa. Egli è principio, primogenito di quelli che risorgono dai morti, perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose. È piaciuto infatti a Dio che abiti in lui tutta la pienezza e che per mezzo di lui e in vista di lui siano riconciliate tutte le cose, avendo pacificato con il sangue della sua croce sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli.
Col 1,12-20

Egli non ha fatto nulla di male

In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei». Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».
Lc 23,35-43

Gesù è re da crocifisso

Con questa trentaquattresima domenica si chiude l’anno liturgico. È vero che solo chi va in chiesa se ne accorge. Si tratta, infatti, di una data che non corrisponde a nessun avvenimento amministrativo, scolastico o di altro genere, che in qualche modo apre o chiude un periodo particolare. In verità l’intero anno liturgico risponde a una misurazione del tempo ch’è al di fuori delle normali consuetudini degli uomini. Ed è giusto che sia così. Il tempo liturgico, infatti, non nasce dal basso; non è originato dalle misurazioni degli uomini e dalle loro scadenze. È un tempo che viene dall’alto, da Dio; è il “Tempo” di Dio che entra nel “tempo” degli uomini; è la “Storia” che irrompe nella “storia” degli uomini. Si potrebbe dire che l’anno liturgico è Cristo stesso, contemplato di domenica in domenica. In quest’ultima domenica, che chiude il tempo liturgico, vediamo il Cristo alla fine dei tempi come “re dell’universo”. La Parola di Dio anche in questa domenica, come ha fatto sempre, ci prende per mano e ci introduce nella contemplazione della regalità di Gesù. Non si tratta di vedere da esterni questo mistero: ci siamo dentro. L’apostolo Paolo esorta ognuno di noi a ringraziare Dio “che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto” (Col 1,13). Siamo davvero dei “trasferiti”, o se volete degli “emigrati”, da questo mondo, dove regnano le tenebre, a un altro mondo, ove regna il Signore Gesù. E che questo mondo di Gesù sia “altro” dal nostro appare evidente dalla scena evangelica che oggi ci viene proposta come immagine della regalità: Gesù inchiodato sulla croce con accanto due ladri.
Qualcuno, scusandosi per la vena dissacrante nel paragone, ha detto che questa è la foto ufficiale del nostro re (è vero che l’abbiamo messa in tanti luoghi, ma l’abitudine con cui la guardiamo le ha fatto perdere il suo valore di scandalo, di pietra d’inciampo, per divenire spesso unicamente un oggetto di ornamento). Non c’è dubbio che si tratta di uno strano trono (la croce) e di una corte ancor più strana (due ladri). Eppure Gesù afferma senza mezzi termini che lui è re, e che lo è proprio in questo modo. L’apostolo Paolo raccolse questa convinzione e la trasmise alle Chiese, ben sapendo dello scandalo che avrebbe provocato. Ai cristiani di Corinto scriveva: “Noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i giudei, stoltezza per i pagani” (l Cor 1,23). Gesù è re da crocifisso; in questo modo egli esercita il suo potere regale. Gesù, del resto, l’aveva detto più volte ai discepoli nei tre anni che era stato con loro. Poco prima di morire disse loro: “I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno il potere su di esse si fanno chiamare benefattori. Per voi però non sia così” (Lc 22,25-26). E Gesù lo mostra per primo con la sua vita e la sua morte. Mentre sta inchiodato sulla croce gli arriva un identico suggerimento da più parti: “Se tu sei il re dei giudei, salva te stesso” (23,37). Glielo dicono i capi dei sacerdoti, glielo gridano i soldati, e glielo urla anche uno dei ladri appeso accanto a lui. Le persone sono diverse, ma il ritornello è sempre lo stesso: “Salva te stesso”. In queste tre semplici parole è racchiuso uno dei dogmi che fondano più radicalmente la vita di ognuno di noi. E questa dottrina l’abbiamo appresa fin dall’infanzia. In essa è racchiusa la regola di vita, è sintetizzato il metro per giudicare ogni cosa, è simboleggiata la discriminante che ci fa accettare questo e rifiutare quello.
Ebbene, sulla croce è sconfitto questo dogma. L’amore ha annientato la convinzione più profonda che presiede alla vita degli uomini. Tutti salvano se stessi in questo mondo. L’unico che non ha salvato se stesso è stato Gesù. In tal senso il potere regale trova proprio sulla croce il suo punto più alto. E ne vediamo immediatamente l’effetto. Gesù re, non cedendo all’ultima tentazione, appunto quella di salvare se stesso, salva uno dei due ladri solo perché questi ha intravisto fin dove l’amore lo aveva condotto. La festa di Cristo, re dell’universo, è la festa di questo amore, un amore che ha dato tutto se stesso per gli uomini. Su di esso è fondata tutta la nostra speranza, il nostro oggi e il nostro domani.
Comunità di Sant’Egidio

Mettere in salvo la propria vita è la grande tentazione

Le letture di questa domenica finale dell’anno liturgico, che celebra Cristo quale Signore e re dell’universo, presentano la regalità nella sua dimensione comunionale, corporativa. Nella prima lettura le tribù di Israele riconoscono David come re e mostrano di sentire il Messia come figura corporativa. Esse si affidano a lui quasi incorporandosi simbolicamente a lui: “Noi ci consideriamo come tue ossa e tua carne” (1Sam 5,1). Nel vangelo siamo di fronte a Gesù quale Messia debole, inerme, che, sulla croce, mentre si affida radicalmente a Dio (cf. Lc 23,46), vede affidarsi a lui un malfattore crocifisso accanto a lui. E Gesù promette comunione a costui, incorpora a sé quest’uomo promettendogli comunione: “Oggi sarai con me nel paradiso” (Lc 23,43). La seconda lettura esprime la fede ormai sviluppata della chiesa che celebra l’incorporazione cosmica nel Cristo Risorto: tutto è stato creato in Cristo, per mezzo di lui, ma anche in vista di lui, per essere ricapitolato in lui. Per tre volte Gesù viene deriso come Messia e per tre volte i suoi avversari gli rivolgono l’invito a salvare se stesso, quasi che proprio la capacità di sottrarsi alla croce, di salvare la propria vita sia per loro il sigillo dell’autenticità della messianicità (cf. Lc 23,35.37.39). Invece, è esattamente l’auto-salvezza ciò che è impossibile nello spazio cristiano, ciò che contraddice radicalmente la salvezza cristiana. Gesù aveva annunciato: “Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà” (Lc 9,24). Ma prima di annunciare che chi perderà la vita a causa sua, la salverà, egli stesso è passato attraverso l’esperienza del perdere la propria vita, del perdere se stesso. Mettere in salvo la propria vita è la grande tentazione, a cui Gesù si è opposto già durante le tentazioni inaugurali del suo ministero (cf. Lc 4,1-13). Ed è la tentazione perenne del cristiano e della chiesa. Infatti, vale anche per la chiesa il detto di Gesù per cui chi cerca se stesso, chi vuole salvare se stesso, ovvero chi fa di se stesso un fine, il proprio fine, perde se stesso. La regalità di Gesù è derisa (vv. 35-37) o insultata (v. 39); di essa ci si fa beffe (vv. 35-37) o si cerca di sfruttarla a proprio vantaggio (v. 39). Gesù abita lo scandalo del Messia perduto che può così raggiungere chiunque si trovi in situazioni di perdizione. Del resto, noi sappiamo che condizione indispensabile per incontrare e aiutare l’altro nella sua sofferenza, è condividere qualcosa della sua impotenza e debolezza. Scrive Dietrich Bonhoeffer: “Cristo non aiuta in forza della sua onnipotenza, ma in forza della sua debolezza e della sua sofferenza … La Bibbia rinvia l’uomo all’impotenza e alla sofferenza di Dio; solo il Dio sofferente può aiutare”. La regalità di Gesù capovolge dunque la logica di potenza e forza che regge le regalità umane. Gesù mostra la sua signoria manifestando la sua capacità di giudizio e di divisione: egli è segno di contraddizione e di fronte a lui ci si divide, si manifestano i pensieri dei cuori. Dei due crocifissi con lui uno lo insulta, l’altro lo prega. In particolare, il cosiddetto “buon ladrone” appare tipo del discepolo cristiano. Egli innanzitutto opera la correzione fraterna “rimproverando” (v. 40) l’altro condannato che insulta Gesù, e mettendo così in atto la parola di Gesù: “Se tuo fratello pecca, rimproveralo” (Lc 17,9); inoltre egli appare simbolo della responsabilità: riconosce il male che ha commesso e ne accetta le conseguenze (v. 41a); quindi esprime una confessione di fede riconoscendo l’innocenza di Gesù (v. 41b); infine si rivolge a Gesù con la preghiera, la supplica, e riconoscendone la regalità escatologica: “Gesù, ricordati di me, quando verrai (non “entrerai”, come traduce la Bibbia CEI) nel tuo Regno” (v. 42). Immagine dei credenti e della chiesa che, nella storia, sono chiamati a testimoniare la regalità di Cristo condividendo le sofferenze del Crocifisso, invocando la venuta del Regno, e attendendo il Veniente nella gloria.
Comunità di Bose

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Lunedì 25 novembre 2013

Ha dato tutto quello che aveva per vivere

In quel tempo, Gesù alzàti gli occhi, vide i ricchi che gettavano le loro offerte nel tesoro del tempio. Vide anche una vedova povera, che vi gettava due monetine, e disse: «In verità vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato più di tutti. Tutti costoro, infatti, hanno gettato come offerta parte del loro superfluo. Ella invece, nella sua miseria, ha gettato tutto quello che aveva per vivere».
Lc 21,1-4

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Martedì 26 novembre 2013

Badate di non lasciarvi ingannare

In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta». Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine». Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo».
Lc 21,5-11

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Mercoledì 27 novembre 2013

Avrete occasione di dare testimonianza

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».
Lc 21,12-19

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Giovedì 28 novembre 2013

Risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:«Quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti, allora sappiate che la sua devastazione è vicina. Allora coloro che si trovano nella Giudea fuggano verso i monti, coloro che sono dentro la città se ne allontanino, e quelli che stanno in campagna non tornino in città; quelli infatti saranno giorni di vendetta, affinché tutto ciò che è stato scritto si compia. In quei giorni guai alle donne che sono incinte e a quelle che allattano, perché vi sarà grande calamità nel paese e ira contro questo popolo. Cadranno a fil di spada e saranno condotti prigionieri in tutte le nazioni; Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani non siano compiuti. Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina».
Lc 21,20-28

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Venerdì 29 novembre 2013

Le mie parole non passeranno

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola: «Osservate la pianta di fico e tutti gli alberi: quando già germogliano, capite voi stessi, guardandoli, che ormai l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino. In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno».
Lc 21,29-33

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Sabato 30 novembre 2013

Venite dietro a me

In quel tempo, mentre camminava lungo il mare di Galilea, Gesù vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedèo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.
Mt 4,18-22

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