una pausa per lo spirito – proposte di riflessione per i giorni dal 15 al 21 dicembre 2013

Santena – 15 dicembre 2013 – Di seguito, alcune proposte di riflessione, per i giorni dal 15 al 21 dicembre 2013, tratte dalla liturgia del giorno, con commento alle letture domenicali.

Domenica 15 dicembre 2013

Fuggiranno tristezza e pianto

GiovanniBattistaSi rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa. Come fiore di narciso fiorisca; sì, canti con gioia e con giubilo. Le è data la gloria del Libano, lo splendore del Carmelo e di Saron. Essi vedranno la gloria del Signore, la magnificenza del nostro Dio. Irrobustite le mani fiacche, rendete salde le ginocchia vacillanti. Dite agli smarriti di cuore: «Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio, giunge la vendetta, la ricompensa divina. Egli viene a salvarvi».

Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto. Ci sarà un sentiero e una strada e la chiameranno via santa. Su di essa ritorneranno i riscattati dal Signore e verranno in Sion con giubilo; felicità perenne splenderà sul loro capo; gioia e felicità li seguiranno e fuggiranno tristezza e pianto.
Is 35,1-6a. 8a. 10

Rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina

Siate costanti, fratelli miei, fino alla venuta del Signore. Guardate l’agricoltore: egli aspetta con costanza il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le prime e le ultime piogge. Siate costanti anche voi, rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina. Non lamentatevi, fratelli, gli uni degli altri, per non essere giudicati; ecco, il giudice è alle porte. Fratelli, prendete a modello di sopportazione e di costanza i profeti che hanno parlato nel nome del Signore.
Gc 5,7-10

Che cosa siete andati a vedere nel deserto?

In quel tempo, Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!». Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”. In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui».
Mt 11,2-11

Il profeta apre gli occhi degli ascoltatori oltre la tristezza

La Parola di Dio che ci viene rivolta in questa terza domenica di Avvento invita tutti coloro che abitano nel deserto di questo mondo a rallegrarsi perché ricevono una promessa: “Vedranno la gloria del Signore e la magnificenza del nostro Dio” (Is 35,2). Il profeta apre gli occhi degli ascoltatori oltre la tristezza e la rassegnazione di questo mondo e invita tutti alla speranza e all’attesa dell’avvento di Dio. Scrive ancora: “Coraggio! Non temete; ecco il vostro Dio “Egli viene a salvarvi”. Il Signore verrà. È la promessa che il profeta, con pensosa e gioiosa fermezza, rivolge anche a noi. Egli ci presenta la visione di un mondo nuovo, ove lo zoppo salta come un cervo, il muto grida di gioia e una strada si apre in mezzo alla pesantezza e alla tristezza della condizione umana, e attraverso di essa passeranno quelli che sono riscattati dal Signore. E aggiunge ancora: “Gioia e felicità li seguiranno e fuggiranno tristezza e pianto”. Ma tutto ciò non è un sogno? Non è uno dei tanti sogni che si ripropongono di tempo in tempo? È il sogno dei momenti di ottimismo? Oppure una bella speranza che il profeta ci comunica per consolare la tristezza della nostra condizione? Quando, infatti, potremo vedere al posto delle lacrime e della tristezza una eventuale gioia o felicità? Forse è proprio questo il dramma di Giovanni Battista che è rinchiuso in carcere per mano di Erode. La promessa di Isaia non è un sogno? L’avvento del Regno di Dio non è una realtà lontana? Quanto ancora bisogna aspettare?
Giovanni, che non a caso in questo tempo ci accompagna robustamente verso il Natale, manda i suoi discepoli da Gesù a chiedergli: “Sei tu che devi venire o dobbiamo aspettarne un altro?”. È la domanda di questo tempo di Avvento; ma è anche la domanda di ogni giorno dell’uomo religioso e dell’uomo che ha a cuore le sorti del mondo. Anche noi, in questa domenica, chiediamo qual è l’avvento, quando e come si realizzerà la profezia di Isaia. Lo chiediamo alla Parola del Signore, come quei discepoli di Giovanni lo chiesero a Gesù. L’evangelista scrive che i discepoli di Giovanni furono accolti dal profeta di Nazareth che non mancò di dare loro la risposta: “Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo”. Gesù, riprendendo le parole del profeta Isaia, manda a dire a Giovanni che quella profezia si è compiuta; non è più solo un sogno, è già realtà.
Attraverso la sua persona che cammina in mezzo agli uomini, la profezia di Isaia ha iniziato il suo definitivo compimento. E Gesù aggiunge: “Beato chi non si scandalizza di me”. In lui si compie il disegno di Dio, non nella straordinarietà del meraviglioso o nel mistero dell’esoterismo magico, ma nella ordinarietà della misericordia e nel mistero della compassione. Spetta alle generazioni cristiane, anche alla nostra, rendere visibili i segni che Gesù stesso ha posto come inizio di un mondo rinnovato. È la grave responsabilità che poggia sulle spalle di ogni discepolo. Potremo dire anche noi a chi ci interroga: “Andate e riferite ciò che udite e vedete”. Ebbene, i segni di questo avvento ci sono anche oggi. C’è chi ha iniziato ad annunciare il Vangelo ai poveri, c’è chi compie i miracoli della carità, della giustizia, della misericordia di Dio, c’è chi, dimenticando se stesso, si è posto al servizio dei più deboli e dei più poveri, ci sono ciechi che vedono amici affettuosi accanto a loro, ci sono coloro che sanno consolare chi è nel pianto e sanno essere teneri e premurosi con chi è malato e abbandonato.
Beato chi accoglie questi segni e si lascia toccare il cuore. Gesù è venuto e ci insegna a camminare con lui, a lavorare con lui, a voler bene con lui, a commuoverci con lui su quelle folle stanche e sfinite che incontra lungo il cammino. Egli ci insegna a non disperare nell’attesa e a non chiudere il nostro cuore nell’angusto orizzonte di oggi, nell’orgoglio o nella rassegnazione. “Vieni, Signore Gesù!” era la preghiera antica dei cristiani. Ed è anche la nostra preghiera che ci libera dal fascino triste del deserto di questo mondo.
Comunità di Sant’Egidio

Irrobustite le mani fiacche

I profeti nella storia di Israele appaiono come coloro che seppero essere massimamente “consapevoli del momento”. La liturgia della III domenica di Avvento propone un brano dal libro del profeta Isaia che ci mostra l’aspetto ottimista e propositivo della consapevolezza profetica: in un’epoca di smarrimento e disperazione, il profeta mostra una via, apre una possibilità, vede l’azione di Dio laddove tutti non sanno scorgere altro che delusione e fallimento. Il momento di cui si parla infatti non è considerato secondo l’ottica puramente mondana, ma alla luce della parola di Dio. Altri testi profetici mostrano un movimento opposto: mentre tutti sono sicuri del proprio potere, del proprio successo, il profeta vede i segni della disgregazione e della catastrofe imminente. La vera profezia dunque si discosta sia dalla propaganda trionfalistica, sia dal crollo emotivo di chi si sente perduto. I veri profeti, lo ricorda anche Gesù, furono sempre contestati: sia quando criticavano l’arroganza fallace, sia quando prospettavano la speranza nel nome di Dio.

Testimone coraggioso

Nel presente anno liturgico non si è ascoltato il vangelo della seconda domenica di Avvento, per cui è venuto a mancare il primo pannello del dittico riguardante Giovanni Battista. Resta il vangelo della terza domenica, che si presenta come una retrospettiva, una riflessione generale sul suo ruolo, messo a confronto con il Regno di Dio annunciato da Gesù.

Un elemento tuttavia è presentato con chiarezza: Giovanni è in carcere, arrestato per la sua lucida coerenza nel condannare il peccato del re: il suo matrimonio illegittimo. Giovanni osa criticare la libertà sessuale del re. Questo aspetto del suo messaggio risulterebbe scomodo anche oggi; ma conferma quanto si diceva sopra: che il vero profeta si trova sempre in posizione precaria, difficile. Proprio l’ingiusta, anche se prevedibile, persecuzione è il punto di partenza della domanda di Giovanni, della preghiera che egli rivolge a Gesù. Esso è anche il dubbio che coinvolge noi oggi: perché il malvagio trionfa? Fino a quando la prepotenza avrà comunque il sopravvento? La venuta di Gesù non doveva porre rimedio a tutto questo?

Ponte tra l’Antico e il Nuovo Testamento

L’interrogativo del Battista si ricollega dunque alle grandi suppliche dell’Antico Testamento, condensa tutta l’attesa, la speranza che attraversa il popolo di Israele, dai Patriarchi fino al ritorno dall’Esilio. Quando si compiranno le promesse di Dio? E come? Giovanni è il ponte tra l’Antico e il Nuovo Testamento non solo perché battezza e presenta il Cristo, ma più ancora perché incarna, con la sua vita e le sue parole, la grande invocazione di giustizia e di pace che sale dalla parte migliore del popolo di Israele, quella che si conserva costantemente fedele a Dio.

Il compimento imprevedibile

Gesù non libera il Battista dal carcere. Sarebbe stata probabilmente la risposta attesa, se non da lui, almeno dai suoi messaggeri. Gesù non si mette a capo di una rivolta contro Erode o contro i romani. A ciò potremmo aggiungere un ulteriore motivo di delusione, che ogni ascoltatore attuale del Vangelo ben conosce: anche Gesù subirà la stessa sorte di Giovanni, una sorte simile a quella di tutti gli altri profeti. Il compimento dunque non segue la linea della rivalsa o del trionfo militare. Ma nella risposta di Gesù traspare un segno che riguarda anche il Battista, e tutti coloro che soffrono come lui.

L’attenzione per i poveri

Il Regno è arrivato per i poveri. L’azione di Gesù non si interessa di fatti in primo luogo militari, o politici, o economici, ma si rivolge innanzitutto a sanare le ferite dei poveri. Il miracolo che avviene per primo non è la sconfitta dei potenti, ma l’annuncio agli ultimi, che divengono i primi: «Ai poveri è annunciata la Buona notizia». La risposta si conclude con una beatitudine: fin da subito, chi accoglie l’annuncio, chi non si scandalizza di Gesù, comincia ad entrare nella gioia del Regno.

Il più grande tra i nati di donna

Il brano si conclude con un elogio del Battista. Gesù interroga le folle sul mistero della sua persona, con una serie di domande che ne mettono in evidenza il carattere straordinario e sorprendente. Come è possibile che Giovanni abbia avuto un simile seguito? Egli non era una “canna agitata dal vento”, uno che segue le mode e le convenienze dell’istante effimero. Così capita a molti personaggi mediatici dei nostri giorni, che incarnano per un breve lasso di tempo una moda, una tendenza, e poi svaniscono nel nulla. Giovanni non era neppure un potente, uno dei grandi della storia, che “abitano nei palazzi del re”. Gesù sa interpretare la vicenda di Giovanni meglio ancora di Giovanni stesso: il profeta disarmato, che attira l’interesse più dei re, più dei loro cortigiani, è evidentemente una prefigurazione del Regno di Dio, con la sua forza di rovesciamento.

Ma la realtà del Regno è ancora più radicale: davvero gli ultimi sono i primi, e il più piccolo del Regno è «più grande» del Battista. Ciò che viene sconvolto sono le stesse categorie di “grande” e “piccolo”: nel Regno di Dio vale solo l’adesione alla sua grazia e alla sua carità.

Per gli educatori: l’esperienza dell’attesa dubbiosa

Il risultato mancante

A volte l’educatore si trova di fronte ad attese molto lunghe, senza poter vedere i risultati sperati. Uno dei nodi più drammatici è la lunghezza dei processi formativi: l’adesione di fede può richiedere un attimo, entrare davvero con consapevolezza nel progetto di Dio può richiedere anni. Ci vuole tempo non solo per accompagnare la crescita spirituale di un credente che giunge alla maturità, ma anche per formare persone responsabili, che possano impegnarsi a tutti i livelli per l’evangelizzazione e la crescita della Chiesa.

Vale davvero la pena di crescere nel Regno di Dio, che sembra non arrivare mai? E vale davvero la pena affrontare i lunghi percorsi di preparazione che portano a diventare discepoli, corresponsabili, partecipi della missione di Cristo e della Chiesa? Soprattutto per chi si impegna nell’evangelizzazione diventa possibile rispecchiarsi nella domanda del Battista: che cosa, chi occorre aspettare?

La costanza educativa e autoeducativa

Si potrebbe dare una risposta puramente tattica, attendistica. La risposta di Gesù riguarda invece un aspetto sostanziale: il modo stesso di concepire il Regno di Dio. Il problema non è tanto il ritardo, ma il modo con cui il Regno si presenta. Il Regno è già arrivato, ma non come il Battista si aspetta. Per l’educatore dunque si pone una duplice sfida: riconoscere i tempi del Regno, la sua qualità specifica e il suo modo di manifestarsi nella storia. Al riguardo, è preziosa la riflessione della seconda lettura sulla costanza: il paragone con l’attività dell’agricoltore permette di vedere già in azione il dinamismo del Regno, che è già seminato, che sta già crescendo; una volta che il lavoro preliminare è stato fatto, non resta che attendere, con costanza, la pioggia, senza lasciarsi abbattere.

Oltre la profezia

Giovanni è un profeta coraggioso e certamente va imitato in questo: ma per gli educatori del nostro tempo, che vogliano essere anche evangelizzatori, la qualifica profetica non è sufficiente. Gesù non ci abilita soltanto a denunciare la malattia, ma egli per primo comincia a guarirla. Noi riceviamo da Dio la forza stessa del suo Spirito, attraverso la liturgia e i sacramenti, che permette di andare oltre la denuncia, per introdurre alla realtà stessa del Regno. Il carisma profetico, ricevuto nel Battesimo, si integra con quello sacerdotale e regale, che attraverso la carità attinta da Dio e vissuta nell’esistenza quotidiana permettono di entrare effettivamente nel Regno, in attesa del suo compimento.

Alla fretta di vedere i risultati, si sostituisce l’attesa paziente e la capacità di riconoscere i frutti già operanti del Regno, che fioriscono accanto alle nostre croci. Il Battista non fu liberato dalla sua persecuzione, e neppure noi lo saremo: ma potremo sopportarla nella gioia di vedere che nonostante tutto il Regno sta già fiorendo.

Dal sussidio della Cei per il tempo di Avvento Natale 2013 

“E’ ormai tempo di svegliarvi dal sonno”

 

Leggi anche i commenti nel sito  www.monasterodibose.it

**

Lunedì 16 dicembre 2013

Con quale autorità fai queste cose?

In quel tempo, Gesù entrò nel tempio e, mentre insegnava, gli si avvicinarono i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo e dissero: «Con quale autorità fai queste cose? E chi ti ha dato questa autorità?». Gesù rispose loro: «Anch’io vi farò una sola domanda. Se mi rispondete, anch’io vi dirò con quale autorità faccio questo. Il battesimo di Giovanni da dove veniva? Dal cielo o dagli uomini?». Essi discutevano fra loro dicendo: «Se diciamo: “Dal cielo”, ci risponderà: “Perché allora non gli avete creduto?”. Se diciamo: “Dagli uomini”, abbiamo paura della folla, perché tutti considerano Giovanni un profeta». Rispondendo a Gesù dissero: «Non lo sappiamo». Allora anch’egli disse loro: «Neanch’io vi dico con quale autorità faccio queste cose».
Mt 21,23-27

**

Martedì 17 dicembre 2013

Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo.

Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esrom, Esrom generò Aram, Aram generò Aminadàb, Aminadàb generò Naassòn, Naassòn generò Salmon, Salmon generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, Iesse generò il re Davide.

Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Urìa, Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abìa, Abìa generò Asaf, Asaf generò Giòsafat, Giòsafat generò Ioram, Ioram generò Ozìa, Ozìa generò Ioatàm, Ioatàm generò Àcaz, Àcaz generò Ezechìa, Ezechìa generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosìa, Giosìa generò Ieconìa e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia.

Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconìa generò Salatièl, Salatièl generò Zorobabele, Zorobabele generò Abiùd, Abiùd generò Eliachìm, Eliachìm generò Azor, Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliùd, Eliùd generò Eleàzar, Eleàzar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo.

In tal modo, tutte le generazioni da Abramo a Davide sono quattordici, da Davide fino alla deportazione in Babilonia quattordici, dalla deportazione in Babilonia a Cristo quattordici.
Mt 1,1-17

**

Mercoledì 18 dicembre 2013

Darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù

Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati». Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele», che significa «Dio con noi». Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.
Mt 1,18-24

**

Giovedì 19 dicembre 2013

Tua moglie Elisabetta ti darà un figlio

Al tempo di Erode, re della Giudea, vi era un sacerdote di nome Zaccarìa, della classe di Abìa, che aveva in moglie una discendente di Aronne, di nome Elisabetta. Ambedue erano giusti davanti a Dio e osservavano irreprensibili tutte le leggi e le prescrizioni del Signore. Essi non avevano figli, perché Elisabetta era sterile e tutti e due erano avanti negli anni. Avvenne che, mentre Zaccarìa svolgeva le sue funzioni sacerdotali davanti al Signore durante il turno della sua classe, gli toccò in sorte, secondo l’usanza del servizio sacerdotale, di entrare nel tempio del Signore per fare l’offerta dell’incenso. Fuori, tutta l’assemblea del popolo stava pregando nell’ora dell’incenso. Apparve a lui un angelo del Signore, ritto alla destra dell’altare dell’incenso. Quando lo vide, Zaccarìa si turbò e fu preso da timore. Ma l’angelo gli disse: «Non temere, Zaccarìa, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, e tu lo chiamerai Giovanni. Avrai gioia ed esultanza, e molti si rallegreranno della sua nascita, perché egli sarà grande davanti al Signore; non berrà vino né bevande inebrianti, sarà colmato di Spirito Santo fin dal seno di sua madre e ricondurrà molti figli d’Israele al Signore loro Dio. Egli camminerà innanzi a lui con lo spirito e la potenza di Elìa, per ricondurre i cuori dei padri verso i figli e i ribelli alla saggezza dei giusti e preparare al Signore un popolo ben disposto». Zaccarìa disse all’angelo: «Come potrò mai conoscere questo? Io sono vecchio e mia moglie è avanti negli anni». L’angelo gli rispose: «Io sono Gabriele, che sto dinanzi a Dio e sono stato mandato a parlarti e a portarti questo lieto annuncio. Ed ecco, tu sarai muto e non potrai parlare fino al giorno in cui queste cose avverranno, perché non hai creduto alle mie parole, che si compiranno a loro tempo». Intanto il popolo stava in attesa di Zaccarìa, e si meravigliava per il suo indugiare nel tempio. Quando poi uscì e non poteva parlare loro, capirono che nel tempio aveva avuto una visione. Faceva loro dei cenni e restava muto. Compiuti i giorni del suo servizio, tornò a casa. Dopo quei giorni Elisabetta, sua moglie, concepì e si tenne nascosta per cinque mesi e diceva: «Ecco che cosa ha fatto per me il Signore, nei giorni in cui si è degnato di togliere la mia vergogna fra gli uomini».
Lc 1,5-25

**

Venerdì 20 dicembre 2013

Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio

Nel sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.
Lc 1,26-38

**

Sabato 21 dicembre 2013

Elisabetta fu colmata di Spirito Santo

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Lc 1,39-45

**