Santena, la secca della Banna e l’anello d’oro dell’acqua. Puntata 318

SANTENA – 17 luglio 2022 – Urge un piano zonale delle acque del Bacino della Banna, comprensivo del Tepice, dello Stellone e del Canale del Borgo. Il Distretto del Cibo e l’intensificazione sostenibile per governare e gestire il territorio e l’ambiente. L’acqua è uno dei fattori di redditività per le aziende agricole.

Santena, torrente Banna in siccità (tutte le immagini di questo servizio sono state scattate il giorno 16 luglio 2022)

Un segnale di morte percorre una delle zone più fertili del Paese e dell’Europa. A Santena, terra di paludi e di acquitrini, lo scorrere millenario dell’acqua attraverso l’imbuto della Banna si è interrotto. Molte forme di vita abitanti nell’alveo del fiume si sono momentaneamente estinte. Le fetide pozzanghere nel letto del fiume indicano la sconfitta di tutti coloro che vivono nel favoloso bacino idrografico del Chierese, del Pianalto e del Carmagnolese. L’unico in sponda destra del grande Po che non ha monti alpini o appenniniche montagne, ma solo colline e tanta pianura. L’originalità della zona – dove nell’Ottocento è nata anche grazie a Camillo Cavour e ai suoi contemporanei, la moderna agricoltura italiana, specializzata nella coltivazione di cereali, di frutti, di ortaggi, di vigneti e nell’allevamento del bestiame – deve far riflettere su come affrontare questo passaggio epocale per la comunità che ci vive e vi opera.

Se l’alluvione del 1994 confermò il dissennato governo del territorio del Chierese e del Pianalto, la secca della Banna in questi primi sette mesi del 2022 dimostra l’accidia della comunità e la tragicità del cambiamento del clima a livello globale. Alluvione e siccità sono le facce della stessa medaglia che inchioda tutti, in particolare le istituzioni, alle loro responsabilità.

I segni del mutamento sono evidenti da decenni. Frutto dell’innalzamento medio delle temperature e di una stagionalità che non è più quella dei libri di scuola. La favola che “prima o poi tutto si aggiusta”, che la scienza e la tecnica tutto possono risolvere, si dimostra non veritiera.  Lo sanno bene i principali gestori della natura: i contadini del Distretto del Cibo. Quelli che da secoli producono cibo fresco e buono che nutre il Torinese e una piccola fetta del Nord-Ovest. Che in questi mesi stanno tentando di tutto per salvare le semine, i trapianti e i raccolti nei campi e sotto le serre (vedi rossosantena del 2 luglio, Puntata 317).  

La situazione è difficile. La terra e l’aria sono arroventate dal sole. Manca l’acqua nelle dosi indispensabili per creare l’ambiente necessario a far crescere bene le radici delle piante che ci nutrono con le loro foglie, i frutti, i fiori e i germogli. I raccolti sono inferiori rispetto allo scorso anno. Con l’aumento dei costi generali le aziende agricole affrontano una situazione non compensata da sufficienti ricavi. La produttività e la redditività sono gli elementi critici su cui si gioca il futuro di migliaia di imprese e di lavoratori. Non a caso è in costante crescita l’associazionismo tra aziende agricole, protese alla ricerca della crescita dimensionale delle loro attività. Un segno positivo di futuri sperabili sviluppi verso soluzioni capaci di superare l’anacronismo di imprese troppo piccole per reggere le sfide di un mercato dell’agroalimentare diventato anch’esso più “piccolo”, ma più veloce e strategicamente importante, grazie alle politiche internazionali e alle moderne tecnologie informatiche e logistiche.

Per rispondere al cambiamento climatico il neonato Distretto del Cibo sta valutando il modello della intensificazione sostenibile e cioè un metodo che, nell’affrontare le tematiche ambientali, metta in primo piano la centralità della redditività e della produttività per i principali gestori della terra: le aziende agricole. Un dato è certo. La risorsa idrica è sempre stata, e lo sarà ancor più in futuro, fattore di redditività per le aziende del territorio. Lo sapevano bene i nostri antenati che nei secoli hanno dato forma a un unitario sistema idrico diffuso su tutta l’area del Chierese, del Pianalto e del Carmagnolese. Una rete capillare, negli ultimi decenni sottovalutata e bistrattata, che oggi è necessario recuperare, considerata la sua straordinaria utilità. Un sistema comprensivo di tre invasi (lago della Spina, lago di Arignano e lago di Ternavasso), centinaia di peschiere, rii, canali, fossi e torrenti. Il tutto racchiuso nell’anello che partendo da Trofarello, percorre la collina Chierese, il Monferrato e il Roero e che raccoglie le acque di Carmagnola per portarle nello Stellone e nella Banna. 

Gino Anchisi
da Santena, la città di Camillo Cavour, 17 luglio 2022.