Una pausa per lo spirito – proposte di riflessione dal 6 al 12 marzo 2011

Santena – 6 marzo 2011 – DI seguito, alcune proposte di riflessione, per i giorni dal 6 al 12 marzo 2011, tratte dalla liturgia del giorno, con spigolature dal terzo capitolo degli Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il decennio 2010-2020 “Educare alla vita buona del vangelo”. Omelia domenicale della Comunità di Sant’Egidio e commento alle letture domenicali tratto dal sito della Comunità di Bose.

Domenica 6 marzo 2011

Chi entrerà nel regno dei cieli?

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. In quel giorno molti mi diranno: Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse scacciato demòni? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi? Ma allora io dichiarerò loro: “Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l’iniquità!”.
Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande».

Mt 7,21-27

La sabbia ce l’abbiamo nel cuore

Con la fine del capitolo settimo si chiude il discorso della montagna, il primo grande discorso di Gesù nel Vangelo di Matteo, quasi il suo programma evangelico. Il confronto con queste pagine è per certi versi decisivo. Infatti, dice Gesù: “Chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia”, mentre chi “non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia”. Continua Gesù: venne la pioggia a dirotto, i fiumi strariparono, soffiarono i venti e si abbatterono su quelle due case. La prima, fondata sulla pietra, restò salda; l’altra, fondata sulla sabbia, crollò. Sono due immagini efficaci con le quali Gesù para¬gona, e non a caso, gli ascoltatori del Vangelo ai costruttori. Il Vangelo, infatti, non è un’esercitazione letteraria e neppure un’esortazione ad avere qualche buon sentimento. Esso è teso a costruire una casa, la casa della propria vita. Ebbene, chi ascolta il Vangelo e lo mette in pratica è un uomo prudente, perché costruisce la sua vita sulla pietra. Chi invece ascolta il Vangelo senza seguirlo è uno stolto, perché sarà travolto dalle avversità. Ovviamente ancora peggio sarà per chi neppure ascolterà la Parola di Dio. Chi di noi è pratico di spiaggia può vedere plasticamente la verità di queste parole. A volte basta un’onda leggera per travolgere quello che si è costruito, i “castelli di sabbia”. Sappiamo tutti, invece, che la vita ci riserva scrosci d’acqua violenti e venti impetuosi. Per questo l’avvertimento di Gesù è saggio e amichevole. La sabbia non è lontana. Non bisogna fare lunghe file o chilometri di strada per arrivarci. Ce l’abbiamo nel cuore. La sabbia è l’orgoglio di sé, dei propri sentimenti, delle proprie convinzioni, è l’arroganza di chi pretende di avere sempre ragione anche davanti al Signore, è la freddezza di chi è indifferente ai bisogni degli altri.
La stagione della sabbia può durare un giorno, un mese, un anno o anche una vita intera. È il tempo in cui non si ascolta il Vangelo né tanto meno lo si mette in pratica. Quanti uomini, quante donne dovrebbero ammettere che la loro costruzione umana è crollata, e non lo fanno, perché non vogliono rivelare che nel loro cuore c’è sabbia! Stiamo attenti, perché la sabbia è anche deserto. Anzi la sabbia crea il deserto, la solitudine, l’amarezza, l’assenza di vita felice. Il Signore ci ha fatto dono della pietra su cui poter costruire la nostra vita. La pietra non siamo noi, è il Signore stesso, è il suo Vangelo che rimane saldo e non crolla. Anche la predicazione è una piccola pietra per le nostre giornate. È giusto allora stupirsi come si stupirono quelle folle al termine del discorso della montagna: “Quando Gesù ebbe terminato questi discorsi, le folle erano stupite del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come i loro scribi”. È lo stupore di trovarsi di fronte a una parola autorevole che ci è data per costruire saggiamente la nostra vita di giorno in giorno. L’avvertenza di Gesù è saggia e severa: “Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta”. Occorre anzitutto cercare il regno di Dio, che è bontà, misericordia, giustizia, fraternità, amicizia. Questo è l’essenziale da cui promana con certezza tutto il resto. Credo che la miopia di molti verso l’accoglienza agli stranieri (ed è davvero triste anche da un punto di vista civile cavalcare l’egoismo e l’intolleranza alla ricerca del consenso) rende lontana questa ricerca del regno di Dio e radica nel culto del proprio particolare (è l’idolo di una società ricca e consumistica) che peraltro sarà causa di impoverimento e di angosce. La ricchezza è un idolo esigente, che non risparmia.

Comunità di Sant’Egidio

Chiamati a vivere la Parola del Signore e ad amare il volto del prossimo

La coerenza, virtù rara, non ha nulla a che vedere con un rigido attaccamento a idee decise una volta per tutte e con l’indisponibilità al cambiamento, ma è inerente alla testimonianza, alla martyría. L’uomo coerente rifugge la divisione e l’ipocrisia e tenta di dare prosecuzione pratica alle sue parole, ai valori che professa, alla fede che lo ispira. I grandi valori (onestà, giustizia, libertà, fedeltà) non esistono scissi da uomini e donne che li incarnano nella loro esistenza e accettano di servirli fino a pagarne le conseguenze estreme. L’aver dimenticato questa verità elementare è uno dei motivi, e non certo l’ultimo, della crisi morale e di autorità che viviamo attualmente in tanti ambiti della nostra società. L’incoerenza è la prima controtestimonianza portata ai valori che uno proclama o professa e che poi disattende nella prassi quotidiana. La casa costruita sulla roccia (cf. Mt 7,24-27) è l’ascolto delle parole del Signore che diviene prassi. La casa è l’ascolto e la roccia è la prassi. La prassi poi si sintetizza, per Matteo, in un punto particolare: la misericordia (che è ciò che il Padre vuole: Mt 9,13; 12,7; cf. Mt 7,21), l’amore per il prossimo. Coloro che rivendicano le loro prestazioni religiose davanti al Signore si vedono ridurre le loro “azioni sante” a “iniquità” (Mt 7,23). E per Matteo l’iniquità è ciò che spegne la carità e si oppone all’amore fraterno: “Per il dilagare dell’iniquità l’amore di molti si raffredderà” (Mt 24,12). In linea con le parole di Paolo nell’encomio della carità in 1Cor 13,1-7, Matteo afferma che la liturgia, la profezia, le azioni carismatiche, i gesti terapeutici, non valgono nulla davanti al Signore e se sono scisse dalla concreta carità, dal concreto amore per il prossimo e per i piccoli, che è ciò in cui per lui si sintetizza la “giustizia maggiore” richiesta da Gesù ai cristiani (cf. Mt 5,20; 7,12; 19,19; 22,39-40). Questi cristiani hanno retta fede, partecipano alle liturgie (“Signore, Signore”), profetizzano veramente, fanno davvero miracoli e scacciano sul serio demoni: non è solo gente che dice ma non fa. Essi fanno, e molto. Ma una chiesa il cui servizio di santificazione, istruzione e guida, il cui magistero e la cui azione caritativa non divengano un annuncio nei fatti della misericordia di Dio, non facciano sentire perdonati gli uomini, non incontrino realmente i poveri destinatari delle sue azioni caritative e della sua attività assistenziale, non guardino il mondo e gli uomini con lo sguardo misericordioso del Padre, rischia di essere una chiesa che vede solo se stessa, accecata. Pensa di aver fatto tutto in nome di Cristo, e viene smentita da Cristo stesso. L’atteggiamento dei cristiani che saranno sconfessati da Cristo nel giudizio è anzitutto stigmatizzato perché abitato dalla pretesa, dalla presunzione di avere agito in nome di Cristo (cf. l’espressione “in tuo nome” ripetuta tre volte in Mt 7,22). Vi è una certezza che è incompatibile con la confessione di fede e che diviene presunzione. Se l’elemento veritativo della confessione di fede cristiana è l’amore per il prossimo, chi mai potrà essere certo di avere amato pienamente, adeguatamente, senza ombre e senza aver ferito? L’insicurezza in cui ci pone l’amare è la benedetta destabilizzazione delle pretese e della presunzione a cui il credere può dare origine. Mettere in pratica le parole ascoltate dal Signore significa personalizzare l’atto di fede con la creatività che conduce il credente a dare la sua personalissima inflessione all’obbedienza. Chiamato a vivere la Parola del Signore e ad amare il volto del prossimo, il credente è immesso in un cammino segnato da creatività, discernimento e  intelligenza. Lì si manifesta la sua sapienza (cf. Mt 7,24).

Luciano Manicardi

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Lunedì 7 marzo 2011

Ma essi …

In quel tempo, Gesù si mise a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti, agli scribi e agli anziani]: «Un uomo piantò una vigna, la circondò con una siepe, scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. Al momento opportuno mandò un servo dai contadini a ritirare da loro la sua parte del raccolto della vigna. Ma essi lo presero, lo bastonarono e lo mandarono via a mani vuote. Mandò loro di nuovo un altro servo: anche quello lo picchiarono sulla testa e lo insultarono. Ne mandò un altro, e questo lo uccisero; poi molti altri: alcuni li bastonarono, altri li uccisero. Ne aveva ancora uno, un figlio amato; lo inviò loro per ultimo, dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma quei contadini dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e l’eredità sarà nostra”. Lo presero, lo uccisero e lo gettarono fuori della vigna. Che cosa farà dunque il padrone della vigna? Verrà e farà morire i contadini e darà la vigna ad altri. Non avete letto questa Scrittura: “La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi”?». E cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla; avevano capito infatti che aveva detto quella parabola contro di loro. Lo lasciarono e se ne andarono.”

Mc 12,1-12

Al centro dell’esperienza cristiana c’è l’incontro tra la libertà di Dio e quella dell’uomo, che non si annullano a vicenda. La libertà dell’uomo, infatti, viene continuamente educata dall’incontro con Dio, che pone la vita dei suoi figli in un orizzonte nuovo: «Abbiamo creduto all’amore di Dio – così il cristiano può esprimere la scelta fondamentale della sua vita. All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva».

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Martedì 8 marzo 2011

Perché volete mettermi alla prova?

In quel tempo, mandarono da Gesù alcuni farisei ed erodiani, per coglierlo in fallo nel discorso. Vennero e gli dissero: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno, ma insegni la via di Dio secondo verità. È lecito o no pagare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare, o no?». Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse loro: «Perché volete mettermi alla prova? Portatemi un denaro: voglio vederlo». Ed essi glielo portarono. Allora disse loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare». Gesù disse loro: «Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare, e quello che è di Dio, a Dio». E rimasero ammirati di lui.

Mc 12,13-17

La meta del cammino consiste nella perfezione dell’amore. Il Maestro ci esorta: «Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48). Nell’itinerario verso la vita piena, Gesù ci invita a seguirlo sulla via delle beatitudini, strada di gioiosa pienezza, e sul sentiero della croce, supremo atto d’amore consumato sino alla fine (cfr Gv 19,30; 13,1).

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Mercoledì 9 marzo 2011

State attenti a non praticare la giustizia per essere ammirati

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli. Dunque, quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipòcriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. E quando pregate, non siate simili agli ipòcriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipòcriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà».”

Mt 6,1-6.16-18

L’educatore è un testimone della verità, della bellezza e del bene, cosciente che la propria umanità è insieme ricchezza e limite. Ciò lo rende umile e in continua ricerca. Educa chi è capace di dare ragione della speranza che lo anima ed è sospinto dal desiderio di trasmetterla. La passione educativa è una vocazione, che si manifesta come un’arte sapienziale acquisita nel tempo attraverso un’esperienza maturata alla scuola di altri maestri. Nessun testo e nessuna teoria, per quanto illuminanti, potranno sostituire l’apprendistato sul campo.

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Giovedì 10 marzo 2011

Chi vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno». Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà. Infatti, quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina se stesso?».

Lc 9,22-25

L’educatore compie il suo mandato anzitutto attraverso l’autorevolezza della sua persona. Essa rende efficace l’esercizio dell’autorità; è frutto di esperienza e di competenza, ma si acquista soprattutto con la coerenza della vita e con il coinvolgimento personale. Educare è un lavoro complesso e delicato, che non può essere improvvisato o affidato solo alla buona volontà.

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Venerdì 11 marzo 2011

Lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?».  E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno».

Mt 9,14-15

Il senso di responsabilità si esplica nella serietà con cui si svolge il proprio servizio. Senza regole di comportamento, fatte valere giorno per giorno anche nelle piccole cose, e senza educazione della libertà non si forma la coscienza, non si allena ad affrontare le prove della vita, non si irrobustisce il carattere.

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Sabato 12 marzo 2011

Non sono venuto a chiamare i giusti

In quel tempo, Gesù vide un pubblicano di nome Levi, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi!». Ed egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì. Poi Levi gli preparò un grande banchetto nella sua casa. C’era una folla numerosa di pubblicani e d’altra gente, che erano con loro a tavola. I farisei e i loro scribi mormoravano e dicevano ai suoi discepoli: «Come mai mangiate e bevete insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Gesù rispose loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori perché si convertano».”

Lc 5,27-32

Infine, l’educatore si impegna a servire nella gratuità, ricordando che «Dio ama chi dona con gioia» (2Cor 9,7). Nessuno è padrone di ciò che ha ricevuto, ma ne è custode e amministratore, chiamato a edificare un mondo migliore, più umano e più ospitale. Ciò vale pure per i genitori, chiamati non soltanto a dare la vita, ma anche ad aiutare i figli a intraprendere la loro personale avventura.

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