Unitre Santena Cambiano: viaggio nell’Agro Pontino e nella terra degli Etruschi.

SANTENA – 30 maggio 2023 – La cronaca del viaggio nell’Agro Pontino e nella terra degli Etruschi, organizzata nei giorni scorsi dall’Unitre Santena Cambiano.

E’ difficile dare un senso univoco ad un viaggio. In altri tempi, quelli del “Gran Tour”, era anche il solo viaggiare. Era prepararsi ad affrontare situazioni inedite, incontri non prevedibili e timori di doversi confrontare con realtà mai descritte in precedenza. Per noi è stato semplicemente il desiderio di conoscenza, di vedere o rivedere, magari con occhi nuovi, paesaggi, città, paesi, luoghi del centro Italia che sappiamo carichi di storia. Ad attenderci sono le località di un turismo così detto “minore”, senza l’assedio di turbe di turisti, un’idea che personalmente condivido con altri che mi hanno preceduto in questo incarico: Ezio Ollino e Roberto Vittone. 

Siamo quindi capitati nel Lazio, ospiti delle province di Frosinone, Viterbo e Latina, dopo un viaggio iniziato sotto un cielo plumbeo che ha mostrato per tutto il tempo del trasferimento tutte le sfumature possibili del grigio: una successione di cumuli e nembostrati bassi fino all’arrivo a Terracina. Una terra piagata, a volte, e piegata alla volontà dell’“homo faber”, che qui ha concentrato un agglomerato di aziende tra i più densi della Penisola, poiché è qui che inizia il territorio di competenza della Cassa per il Mezzogiorno, ma che ha anche faticato per recuperare all’agricoltura le vaste aree paludose dell’Agro Pontino. Il territorio è infatti solcato dal reticolo delle “migliare”, le strade che collegano ancora oggi i casali costruiti per ospitare le migliaia di persone, di agricoltori e di artigiani che qui sono stati chiamati da varie regioni italiane, soprattutto dal Veneto.                                                                               

Al di fuori di questa parte del territorio, soprattutto nelle zone collinari, si possono incontrare vaste zone coperte da boschi di faggi, olmi, eucalipti e querce, piantagioni di ulivi, vigneti insieme ai più recenti impianti di noccioleti e poi cipressi e pini marittimi spesso allineati a coppie per catturare l’attenzione e incolonnare gli sguardi giù fino in fondo, fino alla porta di ingresso dei casali o delle ville padronali. E ancora con la vista di greggi di pecore, di mandrie di cavalli e di mucche al pascolo si possono comporre quadri nello stile dei pittori vedutisti del 700 -800. Le visite sono susseguite secondo il programma con l’assistenza di guide preparate, toccando luoghi interessanti per i molteplici aspetti che questa terra offre, cioè gli avvenimenti, i personaggi e i fatti legati alla sua storia millenaria. A esempio l’Abbazia di Fossanova, Benedettina e poi Cistercense, eretta secondo uno stile romanico-gotico a partire dal 1200 e divenuta centro spirituale e culturale, ma anche motore di sviluppo economico e agricolo della zona in seguito alle opere di disboscamento e di bonifica attuate dai monaci. Essenziale e solenne, rigorosamente priva di elementi plastici superflui e distrattivi diventa puro spazio per favorire l’ascetica e la meditazione e l’uso di materiali costruttivi semplici, privi di policromie e preziosismi ne rimarca lo spirito. Fanno corona all’Abbazia il Parco della Ninfa ed il castello di Sermoneta, proprietà prima della famiglia Annibaldi, poi dei Caetani ed infine di Cesare Borgia, il Duca Valentino, figlio del Papa Alessandro VI.                                                                                   

Anche la Romanità ha depositato qui profonde tracce della sua affermazione politico-militare e culturale. Qui a Sperlonga si possono incontrare in riva al mare i resti della villa di Tiberio e della sua piscina coperta ricavata all’interno di un vastissimo antro, una caverna modellata ed ampliata per ospitare l’illustre personaggio. Il tempo meteorologico intanto continua a mostrare la sua instabilità, occorre prudentemente muoversi dotati di ombrello e impermeabili e le notizie che arrivano dalla Romagna sono argomento di discussione scandito dal picchiettare silenzioso sullo schermo dei cellulari alla ricerca delle previsioni meteo per il giorno dopo, quasi un rito scaramantico con la muta richiesta a Giove Pluvio di esserci clemente.         Anagni, un libro aperto sulla storia millenaria della Chiesa, Città dei Papi, città testimone delle tenzoni tra il potere esercitato dai Papi, da un lato,e quello degli Imperatori germanici del Sacro Romano Impero, che ancora aspiravano a ricomporne i confini, e dei nuovi sovrani in un periodo di formazioni degli stati nazionali, dall’altro. Anagni dunque, sede del pontificato di quattro Papi tra il 1200 e gli inizi del 1300, il più conosciuto dei quali è Bonifacio VIII, un autentico principe espressione della famiglia Caetani, convinto assertore della sacralità del suo potere, ma anche fondatore della Prima Università Romana e avversario in aperto conflitto con Filippo IV il Bello, re di Francia, per questioni riguardanti le elemosine raccolte in Francia e non versate a Roma. Per tutto questo viene schiaffeggiato, ma non esiste certezza dell’episodio, da Sciarra Colonna, stretto alleato del Re francese. Bonifacio è anche responsabile della decisione di incarcerare Celestino V, il Papa del “gran rifiuto” che morirà in prigione a Fumone.

All’interno di questo nostro viaggio  nella terra degli Etruschi tra abbazie, chiese, castelli e palazzi papali, percorrendo strade che serpeggiano all’interno di boschi ombrosi di faggi e farnie, troviamo l’occasione per fermarci per il pranzo da “Squarciarelli”, nel ricordo di Renato Rascel (sua la canzone “Arrivederci Roma”), di una Via Veneto nella Roma della “Dolce vita” frequentata da paparazzi, da attori più o meno affermati e di un ottimismo da rotocalco condiviso da gran parte degli italiani in quegli anni ‘60 e ‘70, anni ruggenti di 500 e di Vespe. Fettuccine cacio e pepe, rigatoni all’amatriciana e vino dei Castelli sono il viatico per dar inizio alla successiva mezza giornata di viaggio.                                                                

Una meta che forse può rappresentare  una inutile perdita di tempo è quella al Sacro Bosco di Bomarzo, il Parco dei Mostri. Devo ricredermi. E’ il viaggio in un sogno. E’ la metafora che, nelle sue varie tappe e negli incontri con mascheroni, personaggi del mito e mostri di varia foggia , sviluppa il racconto in due differenti direzioni, una attenta alla descrizione del rapporto sentimentale che il Principe Pier Francesco Orsini, detto Vicino, prova nei confronti della moglie Giulia Farnese e l’altra che attiene ad un approccio alla politica e alle vicende di quel periodo storico ed è volta a rappresentare i dubbi e le inquietudini, “mascherate” dietro la teatralità del grottesco, dell’uomo del Rinascimento che vede affievolirsi le sue orgogliose certezze di fronte all’affermarsi del prepotere dei nuovi padroni dell’Europa, francesi e spagnoli, che trovano in Italia il  campo dove competere per affermare la propria politica di espansione. La ricerca di un nuovo equilibrio e di una nuova staticità vengono evidenziati e messi alla prova in modo plastico quando ci si avventura a calpestare il piano inclinato del pavimento all’interno di una casetta pure inclinata su un fianco. Se ne esce quanto meno storditi, anche solo percorrendone un breve tratto. Provare per credere. Metafore quindi, rappresentazioni oniriche di un sogno all’interno del quale il committente, Vicino Orsini, gioca con i mostri e personaggi mitici per stupire gli ospiti e per trovare risposte alle inquietudini sue e alle incertezze del suo tempo.

Viterbo è la meta del giorno appresso. Città di Papi itineranti che cambiano spesso la sede del proprio pontificato perché Roma è una città non sicura, malsana, a Roma risiedono molte delle famiglie, in guerra fra di loro, che aspirano a mettere sul trono di Pietro i propri rampolli e ancora perché in questo modo sono le città ospitanti a  dover povvedere al mantenimento della Corte Papale. Pregevole è la parte antica della città circondata da alte mura  e ricca di palazzi storici testimoni nei loro passaggi di proprietà delle diatribe, mai completamente sopite, tra il potere papale e quello delle autorità cittadine. La città è ricordata per essere stata sede del primo e più lungo conclave della storia (34 mesi), quando i 19 cardinali elettori vennero chiusi all’interno dell’edificio finché non si decisero ad indicare il nuovo Papa Gregorio X.

L’ultima mattina è dedicata a Civita di Bagnoregio. Una passeggiata sospesa tra cielo e terra ci consente di raggiungere la cittadina adagiata su un sperone di solida roccia vulcanica che a sua volta insiste però su uno strato morbido di argilla che rende instabile l’intera struttura costantemente monitorata. Viene descritta come una città rassegnata che va disgregandosi, una città che sta morendo, si dice. Una metafora di ciò che non è o non dovrebbe essere…

Unitre Santena Cambiano
Presidente Gianfranco Bordin